mercoledì 25 marzo 2009

Prima vera? No, finta

Marzo, a casa mia, significa primavera. Non a Zurigo. Qui siamo in pieno inverno. Qui il cielo è grigio, nevica e soffia un vento gelido. Qui si va in giro con il giaccone da montagna e la mani infilate dentro le tasche. Guardo fuori dalla finestra: piove. Nevica. Piove. Le rondini, qui, indossano la pelliccia. Gli uccellini non fanno cip cip, ma cucù, e se ne stanno rintanati dentro agli orologi. Gli ormoni - quelli degli altri - sono ancora in letargo. Due settimane. Nevica. Piove. Nevica. Piove. Piove. Freddo. Oggi, miracolo: il sole. Cip cip. Giacche aperte, mani fuori dalle tasche, testosterone rinvigorito. Quasi quasi ci credo, ma mi tocca tornare a Milano. Treno: leggo, dormo, leggo, iPod. Arrivo a Milano. Piove. Ma vaffanculo!

lunedì 16 marzo 2009

A Zurigo le ore sono piccole piccole


Ecco un elenco di quello che ho fatto il mio primo fine settimana a Zurigo.



Venerdì sera:



  1. Allenamenti di nuoto



  2. Lauto piatto di pasta con parmigiano annesso - scorte nel frigo fino a giugno 2015



  3. Festa a casa di collega pazza insieme a: collega bisessuale, collega fattone, amico spagnolo della collega pazza, amico giapponese molto molto gay della collega pazza - scolati litri di vodka red bull



  4. Tutti allo Zukunft, noto club underground: trovo anche un mio amico di Milano insieme a un tizio nottambulo che ama portarsi a casa due donne alla volta



  5. Il giapponese balla in pista con addosso un kimono femminile rubato dall'appartamento della collega pazza. Il mio amico lo nota da lontano e mi fa: hai visto quel frocio che balla in pista?



  6. Cuba libre, cuba libre, cuba libre. Tanti cuba libre



  7. Una ragazza si mette a ballare di fianco a me, poi arrotola la lingua con un ragazzo e, non contenta, la arrotola anche con l'amico del ragazzo



  8. E' il momento di entrare in azione. E' normale che le pareti si muovano?



  9. Sbiascico. Magari rimando a domani



  10. Sono le sette. Usciamo. Il club è ancora aperto. Siamo ubriachi. Saliamo sull'autobus. Facciamo cagare.


  11. Ore otto, svengo sul letto


Sabato, verso mezzogiorno. Apro gli occhi. Mi alzo. Per mezz'ora sono incapace di intendere e volere. La porta è aperta, ho dormito così, ma fa niente, siamo in Svizzera. Colazione. Esco e, in successione:





  1. Vado all'Orange, firmo il contratto, esco con l'iPhone


  2. Vado in palestra: Holmes Club, pieno centro, all'ultimo piano dello Jemoli, l'Harrod's di Zurigo - si fa per dire


  3. Ma quelli che si allenano all'Holmes cosa mangiavano da piccoli?


  4. Comunque è tanto per provare, perché per pagare il club dubito che mi basti lo stipendio. Quello annuale


  5. Mi scolo due litri di acqua. Mi sa che ho sete


  6. Mi incontro con un'amica che mi porta a mangiare un molto poco kasher Bratwurst. Il molto poco kasher Bratwurst è molto fottutamente buono


  7. Torno a casa. Faccio una telefonata. L'appuntamento per stasera è alle otto. Mangiati. Cazzo, devo fare la lavatrice!


  8. Sei e mezza: telefonata chilometrica con madre oppressa dal senso di lontananza del figlio. Lavatrice - che qui è condominiale, con fantastico asciugatore annesso


  9. Pasta. Asciugatore. Bresaola. Ritiro panni


  10. Sono in ritardo di un'ora, ma recupero subito il numero di drink idoneo


  11. Si cambia bar. Ci sono più donne.


  12. Molte più donne. Tantissime donne


  13. Verso l'una il gruppo si divide: una parte a casa, una parte ancora in giro


  14. Io, ovviamente, sono ancora in giro, accompagnato da due baldi colleghi


  15. Taxi. Ci intrufoliamo in una festa privata. Si beve. La festa fa cagare e anche la festeggiata


  16. Di nuovo allo Zukunft. Ribecchiamo i due amici della notte prima


  17. Cuba libre.

  18. Cuba libre

  19. Cuba libre

  20. Sono le tre e tutto va bene

  21. Sono le quattro e tutto va bene

  22. Sono le cinque e tutto va bene

  23. Sono un carico di testosterone esplosivo

  24. Cinque e mezza: passo in mezzo alla pista e una squinzia mi sbottona la camicia

  25. Mezz'ora dopo le sono appicicato come una ventosa

  26. Fumo come una ciminiera. E domani sera dovrei allenarmi. Ma contro il testosterone parto in svantaggio

  27. Cerco di portare la squinzia a casa mia. Lei mi dice che deve svegliarsi alle nove e mezza per andare a lavorare. Io non demordo

  28. Alle sette usciamo insieme. Mi chiede di accompagnarla a casa. Io la invito a casa mia. Lei mi dice che deve svegliarsi alle nove e mezza per andare a lavorare. Io non demordo

  29. Venti minuti dopo siamo sotto casa sua. A questo punto cerco di farmi invitare a casa sua. Lei mi dice che deve svegliarsi alle nove e mezza per andare a lavorare

  30. Lei allunga le mani dove può e dove non può. Io pure.

  31. Mi saluta, mi da il suo numero e mi chiede se la chiamerò. Sì sì sì sì

  32. No

  33. Ore otto e dieci. Aspetto l'autobus. Cinque minuti.

  34. Sull'autobus mi addormento tre volte. Sbaglio fermata. Devo tornare indietro

  35. Sono le nove. Faccio schifo, qui in Svizzera si fuma dappertutto e i miei vestiti sembrano fabbricati con la nicotina. Ho sonno. Stramazzo al suolo. Non posso cedrto dire di non essermi divertito.

Siete tutti caldamente invitati a venirmi a trovare. E intanto mi godo il fine settimana milanese: niente male, no?

venerdì 6 marzo 2009

Immigrato abbastanza irregolare, ma con permesso di soggiorno


Potrei raccontarvi molte cose. In fondo da domenica scorsa è iniziata una nuova fase della mia vita che ha il nome di Zurigo. Potrei, ma ho deciso invece di raccontarvi del parmigiano. Dunque, lunedì sera faccio il mio ingresso alla Coop dietro casa mia. Coop svizzera dietro appartamento svizzero. Sette e mezza. Ho mezz'ora per cercare di riempire un frigo desolatamente vuoto. Cinque minuti se ne vanno nel tentativo - inutile - di cercare di recuperare una moneta per il carrello. Niente da fare. Cestino. Altri dieci minuti per capire di cosa ho bisogno. Dieci per riempire il primo cestino, munirsi di secondo, riempire pure quello e pagare alla cassa. Torno a casa. Riempio - si fa per dire - frigo e dispensa. Ne ho almeno per due giorni. Metto su l'acqua. Preparo la tavola, butto la pasta, leggo un libro, accendo la tele, scolo la pasta, ci verso sopra olio extra vergine e... e mi sono dimenticato il parmigiano. Depressione. Giorno due. Martedì. Il parmigiano. Il parmigiano. Lo ripeto come un mantra. Il parmigiano. Sei e un quarto, esco dall'ufficio: il parmigiano. Sette meno un quarto: la Coop mi spalanca le sue porte. Ho un'ora e un quarto. Bene. Ho i due franchi da inserire per il carrello. Ottimo. Il parmigiano. Mi muovo con destrezza tra gli scaffali, destra, sinistra, indietro, in avanti. Questo supermercato non ha più segreti per me. E finalmente lo trovo. Il parmigiano. Posso continuare la spesa. Cassa, pago, casa. Metto su l'acqua. Preparo la tavola, butto la pasta, leggo un libro, accendo la tele, scolo la pasta, ci verso sopra olio extra vergine e... e DOVE CAZZO è IL PARMIGIANO?!! L'ho dimenticato alla cassa. Il parmigiano. Vaffanculo!