Bene. Tre taxi
parcheggiati. Guardo il tassista con quell'espressione di supplica tipica del
viaggiatore seriale, per piacere mi porti al più presto dove devo andare, e il
tassista ricambia con un cenno di assenso che mi autorizza ad aprire la
portiera della macchina.
È un caldo
giovedì di luglio. Una di quelle serate afose milanesi dove si suda e ci si
schiaffeggia parti del corpo a caso nella vana speranza di schiacciare
quell'avvelenatore esistenziale
conosciuto con il nome di zanzara. Zzz...
Apro parentesi
amena per niente attinente al post ma
che sono obbligato a scrivere a causa delle associazioni libere di cui sono
schiavo - eh?! Se Zara è il tempio degli acquisti da portafogli depresso,
proporrei il nome ZanZara per quelle catene di negozi in cui, una volta pagato,
si ha la sensazione non solo di averlo alleggerito, quel portafogli, ma di aver
subito un vero e proprio prelievo di sangue - ci si svena non a caso.
Al tassista di tutto ciò poco interessa,
soprattutto della parentesi amena, di cui anche io farei a meno. E poco gli
interessa anche del sottoscritto, visto che, dal momento in cui apre il
bagagliaio a quello in cui rientra al posto conducente e gira le chiavi,
compresi i successivi cinque minuti, continua a parlare senza sosta al
cellulare. Si interrompe solo un paio di volte. La prima per chiedermi 'Dove?'
e la seconda per ribadire il concetto: 'Dove?'. Risponderei anche, se solo
stesse a sentirmi.
Il tono della
voce mi lascia intendere che il tizio è adirato. Mi sfugge il centro nevralgico
dell'incazzatura, ma me ne faccio una ragione. Poco dopo è lui stesso a darmi
una spiegazione. Il cliente prima di tutto.
'Scusa, eh, ma
prima ho portato in stazione un ferroviere. Un macchinista. Sai, sono sempre di
fretta (i macchinisti, ndr). Loro pagano con gli sms, ma vanno di fretta. L'ho
mollato giù prima e ora non so se il pagamento è andato a buon fine. Rischio di
perdere 15 euro, mi sta sul cazzo!'. Cantami, o Diva, del Pelide Achille l'ira
funesta.
E' notorio che
la fretta non porta mai a nulla di buono. Però se pigiasse di più sul pedale
dell'acceleratore, non me la prenderei più di tanto. Giuro.
'Stasera c'è
un bel concerto'
'Come?',
domando, ancora con il pensiero rivolto al macchinista.
'No, dicevo, i
Depeche Mode'
'Ah, certo!',
rispondendo alle sue associazioni libere freudiane, non meno sgangherate delle
mie. 'Suonano a San Siro, no?'
'Sì. Prima ci
ho portato un gruppo di ragazzi. Certo che… No, volevo capire…'
Sono pronto.
Qualcosa si sta muovendo nei suoi meandri neuronali. Sento produzione polemica.
'… ma adesso
ai concerti si va tutti tirati?'
In che senso?
Lo penso, ma non lo dico. Non vorrei interferire con il suo soliloquio.
'No, prima ho
portato un gruppo di ragazzi. Lui, preciso, incamiciato. Le amiche, vestito e
scarpe coi tacchi. Che ne so, magari erano ospiti nel settore vip'
Settore vip?
'Vanagloria: i pettinati'?
'Perché io,
quando andavo ai concerti, mica mi mettevo la camicia: jeans, maglietta e via.
Poi con questo caldo? Volevo chiedergli (n.d.r: sì, dovrei scrivere 'chiedere
loro', ma ipse dixit), ragazzi, ma non morite così? Una sauna di sudore. Poi ho
pensato che non erano cazzi miei come vanno vestiti a un concerto'
L'osservazione
non fa una piega - nella camicia.
'No, poi chi è
che deve andare a riprenderli questi ragazzi?'. Io cerco di rispondere, ma il
monologo è inarrestabile, uno tsunami di vocali e consonanti.
'Ecco, così
devo tenere giù tutti i finestrini. Va be', sono ragazzi, è giusto che si
divertano'.
E lui, è giusto
che si guadagni da vivere con il sudore, quello degli altri? Domande senza una
risposta. A quel punto ho pensato, parlo ora o taccio per sempre. E così, gli
racconto di quel dicembre di un paio di anni fa quando, reduci da una serata di
lunghe danze e molte bevute, io e un paio di amici - quelli che non ti
abbandonano mai prima che l'ultima
goccia di spirito sia stata aspirata, scomparendo dalla bottiglia per
schiantarsi pochi secondi dopo, stragista epatica, contro provati e malandati
fegati - ci siamo infilati in un taxi per continuare, in un luogo più intimo e
famigliare, con le buone abitudini. Quelle da alcolizzati. E gli descrivo la
reazione del tassista quando, una volta saliti, ci ha domandato, con
ricercatezza linguistica:
'Ragazzi, ma
quanto cazzo avete bevuto?!!', probabilmente destabilizzato dagli effluvi
alcolici evaporati nella sua macchina. Certo, fosse stato questo tassista alla
guida, avrebbe pensato la stessa cosa ma non avrebbe detto niente perché, si
sa, 'sono ragazzi, è giusto che si divertano'.
Invece, ecco
che il suo pensiero, ancora pregno del sudore da concerto, mi viene rivelato.
'Vedi, il
problema non è quello. Il problema è se il cliente tiene. Se si lascia andare,
è una tragedia: finisci il turno e non lavori nemmeno il giorno dopo, perché
devi portare la macchina a lavare'.
Già. Mi
ricorda qualcosa. Il primo diciottesimo a cui sono andato, un giugno di troppi
anni addietro - diciannove estati fa. Memorie vaghe. Bottiglie vuote, stomaci
pieni. Io, capellone diciassettenne
sdraiato sopra un manto erboso, incapace di alcuna interazione con il
mondo esterno. Y. che chiama il taxi. Io, capellone diciassettenne sdraiato sopra un sedile, incapace di alcuna
interazione con il mondo esterno. Una voce, quella del tassista - immagino.
'Il tuo amico
ce la fa fino a casa?'
La voce di Y. - immagino
'David, vuoi
che ci fermiamo?'
La mia voce -
immagino, anche se credo che un esorcista avrebbe avuto un'opinione del tutto
diversa.
'No, no. Ce la
faccio'
Un minuto
dopo, l'eruzione del Vesuvio. Lezione fondamentale: mai credere a un cliente
ubriaco.
Già. Mi
ricorda qualcos'altro di cui ho parlato in un post, Gang bangs of New York -parte terza, in cui citavo, tra l'altro, anche l'episodio appena raccontato.
Temi che mi perseguitano. Freud, nella versione secondo David, direbbe che il
taxi rappresenta l'utero di mia madre, il tassista mio padre, il vomito il
senso di colpa per aver desiderato mia madre. Io, invece, potrei dire che la
nausea mi si risveglia solo al pensiero di. E poi, diciamolo, mia madre ha le
tette piccole, non è mai stata il mio tipo - fortuna che i miei ignorano
l'esistenza del blog. In ogni modo, dopo l'Edipo, ecco che mi ritrovo su un
taxi newyorchese in corsa con la porta spalancata e un drago erutta fiamme da tenere
a bada, un Pollock futurista del conato che disegna ghirigori sull'asfalto
della grande mela. L'importante è non perdere mai di vista l'afflato artistico.
Però, prendi l'arte e mettila da parte.
'L'altro
giorno, per esempio, ho litigato con un avvocato'
La voce di…
perso nella ricerca del tempo perduto, cerco di riemergere nello spazio tempo.
'Scusi?'
'No, l'altra
notte. Sarà stata l'una, una e mezza. Mi chiamano in viale Papiniano. Arrivo e
mi vedo questo tizio distinto, con la barba, e una ragazza seduta sul
marciapiedi. Lei non ce la faceva proprio'
Tiene o non
tiene? Il dilemma del tassista, affrontato in una notte di baldorie anche dal
grande matematico Nash, cosa che, tuttavia, non compare nella sua biografia
ufficiale. Cospirazione salutista.
'Insomma, li
carico e dopo un paio di minuti la ragazza mi vomita in macchina. Eh, no, dai!
Lei si scusa, imbarazzata, e mi prega di portarla a casa, mi paga
l'autolavaggio. Io le dico che sono cento euro e lei risponde che va bene,
nessun problema. Poi vomita di nuovo'.
Vorrei fare
un'obiezione: se devo pagare cento euro, mi sentirei in diritto anche io di
cambiare l'arredamento della macchina a mio piacimento. Vorrei farla, ma me lo
impedisce un conato di pusillanimità.
'Quando
arriviamo, il tizio dice che lui paga solo la corsa, venti euro. Sì, venti
schiaffi. A quel punto mi incazzo e gli ricordo che la sua ragazza ha promesso
di darmi cento euro per il lavaggio. Be', il tizio mi dice che è un avvocato e
che i cento euro me li sogno, lui paga solo la corsa. Hai capito che figlio di
puttana? Oh, lì non ci ho visto più: mi è salito il sangue alla testa.'
Ogni tanto che
salga nelle zone alte, e non solo in quelle basse, è salutare, davvero. Ma
taccio di nuovo, perché io, con un tassista, di circolazione non mi metto a
discutere.
'Gli ho detto
che i soldi se li poteva tenere e che adesso lo riempivo di mazzate. Cazzo,
quante ne prendeva! Deve ringraziare la sua ragazza che si è arrabbiata con
lui, ha tirato fuori i cento euro e mi
ha pagato. Robe da pazzi.'
E dissertando
di massimi sistemi e di pazzia, giungiamo a destinazione.
'Sono 14 euro'
Gliene allungo
15. Un euro lo lascio come cauzione, non si sa mai. Scendendo dal taxi, di
fronte al portone di casa, rifletto su un paio di cose. Intanto, che nulla
contenuto nel mio stomaco doveva risalire come un salmone lottando contro la
forza dei succhi gastrici. Pensiero tranquillizzante. E poi che a me, i
tassisti, piacciono così, mentre ti scarrozzano in giro per la città
raccontandoti qualche aneddoto. D'accordo o meno, non importa. Ascolto le loro
storie. Alcune, spesso, interessanti. Questo post non è mio: me l'hanno
regalato e io, questo regalo, lo accetto volentieri. Buona settimana a tutti!