lunedì 14 ottobre 2013

Conati con la camicia




Bene. Tre taxi parcheggiati. Guardo il tassista con quell'espressione di supplica tipica del viaggiatore seriale, per piacere mi porti al più presto dove devo andare, e il tassista ricambia con un cenno di assenso che mi autorizza ad aprire la portiera della macchina.

È un caldo giovedì di luglio. Una di quelle serate afose milanesi dove si suda e ci si schiaffeggia parti del corpo a caso nella vana speranza di schiacciare quell'avvelenatore esistenziale  conosciuto con il nome di zanzara. Zzz...

Apro parentesi amena per niente attinente al post  ma che sono obbligato a scrivere a causa delle associazioni libere di cui sono schiavo - eh?! Se Zara è il tempio degli acquisti da portafogli depresso, proporrei il nome ZanZara per quelle catene di negozi in cui, una volta pagato, si ha la sensazione non solo di averlo alleggerito, quel portafogli, ma di aver subito un vero e proprio prelievo di sangue - ci si svena non a caso.

Al tassista di tutto ciò poco interessa, soprattutto della parentesi amena, di cui anche io farei a meno. E poco gli interessa anche del sottoscritto, visto che, dal momento in cui apre il bagagliaio a quello in cui rientra al posto conducente e gira le chiavi, compresi i successivi cinque minuti, continua a parlare senza sosta al cellulare. Si interrompe solo un paio di volte. La prima per chiedermi 'Dove?' e la seconda per ribadire il concetto: 'Dove?'. Risponderei anche, se solo stesse a sentirmi.

Il tono della voce mi lascia intendere che il tizio è adirato. Mi sfugge il centro nevralgico dell'incazzatura, ma me ne faccio una ragione. Poco dopo è lui stesso a darmi una spiegazione. Il cliente prima di tutto.

'Scusa, eh, ma prima ho portato in stazione un ferroviere. Un macchinista. Sai, sono sempre di fretta (i macchinisti, ndr). Loro pagano con gli sms, ma vanno di fretta. L'ho mollato giù prima e ora non so se il pagamento è andato a buon fine. Rischio di perdere 15 euro, mi sta sul cazzo!'. Cantami, o Diva, del Pelide Achille l'ira funesta.

E' notorio che la fretta non porta mai a nulla di buono. Però se pigiasse di più sul pedale dell'acceleratore, non me la prenderei più di tanto. Giuro.

'Stasera c'è un bel concerto'
'Come?', domando, ancora con il pensiero rivolto al macchinista.
'No, dicevo, i Depeche Mode'
'Ah, certo!', rispondendo alle sue associazioni libere freudiane, non meno sgangherate delle mie. 'Suonano a San Siro, no?'
'Sì. Prima ci ho portato un gruppo di ragazzi. Certo che… No, volevo capire…'

Sono pronto. Qualcosa si sta muovendo nei suoi meandri neuronali. Sento produzione polemica.

'… ma adesso ai concerti si va tutti tirati?'

In che senso? Lo penso, ma non lo dico. Non vorrei interferire con il suo soliloquio.

'No, prima ho portato un gruppo di ragazzi. Lui, preciso, incamiciato. Le amiche, vestito e scarpe coi tacchi. Che ne so, magari erano ospiti nel settore vip'

Settore vip? 'Vanagloria: i pettinati'?

'Perché io, quando andavo ai concerti, mica mi mettevo la camicia: jeans, maglietta e via. Poi con questo caldo? Volevo chiedergli (n.d.r: sì, dovrei scrivere 'chiedere loro', ma ipse dixit), ragazzi, ma non morite così? Una sauna di sudore. Poi ho pensato che non erano cazzi miei come vanno vestiti a un concerto'

L'osservazione non fa una piega - nella camicia.

'No, poi chi è che deve andare a riprenderli questi ragazzi?'. Io cerco di rispondere, ma il monologo è inarrestabile, uno tsunami di vocali e consonanti.

'Ecco, così devo tenere giù tutti i finestrini. Va be', sono ragazzi, è giusto che si divertano'.

E lui, è giusto che si guadagni da vivere con il sudore, quello degli altri? Domande senza una risposta. A quel punto ho pensato, parlo ora o taccio per sempre. E così, gli racconto di quel dicembre di un paio di anni fa quando, reduci da una serata di lunghe danze e molte bevute, io e un paio di amici - quelli che non ti abbandonano mai prima  che l'ultima goccia di spirito sia stata aspirata, scomparendo dalla bottiglia per schiantarsi pochi secondi dopo, stragista epatica, contro provati e malandati fegati - ci siamo infilati in un taxi per continuare, in un luogo più intimo e famigliare, con le buone abitudini. Quelle da alcolizzati. E gli descrivo la reazione del tassista quando, una volta saliti, ci ha domandato, con ricercatezza linguistica:

'Ragazzi, ma quanto cazzo avete bevuto?!!', probabilmente destabilizzato dagli effluvi alcolici evaporati nella sua macchina. Certo, fosse stato questo tassista alla guida, avrebbe pensato la stessa cosa ma non avrebbe detto niente perché, si sa, 'sono ragazzi, è giusto che si divertano'.

Invece, ecco che il suo pensiero, ancora pregno del sudore da concerto, mi viene rivelato.

'Vedi, il problema non è quello. Il problema è se il cliente tiene. Se si lascia andare, è una tragedia: finisci il turno e non lavori nemmeno il giorno dopo, perché devi portare la macchina a lavare'.

Già. Mi ricorda qualcosa. Il primo diciottesimo a cui sono andato, un giugno di troppi anni addietro - diciannove estati fa. Memorie vaghe. Bottiglie vuote, stomaci pieni. Io, capellone diciassettenne  sdraiato sopra un manto erboso, incapace di alcuna interazione con il mondo esterno. Y. che chiama il taxi. Io, capellone diciassettenne  sdraiato sopra un sedile, incapace di alcuna interazione con il mondo esterno. Una voce, quella del tassista - immagino.

'Il tuo amico ce la fa fino a casa?'

La voce di Y. - immagino

'David, vuoi che ci fermiamo?'

La mia voce - immagino, anche se credo che un esorcista avrebbe avuto un'opinione del tutto diversa.

'No, no. Ce la faccio'

Un minuto dopo, l'eruzione del Vesuvio. Lezione fondamentale: mai credere a un cliente ubriaco.

Già. Mi ricorda qualcos'altro di cui ho parlato in un post, Gang bangs of New York -parte terza, in cui citavo, tra l'altro, anche l'episodio appena raccontato. Temi che mi perseguitano. Freud, nella versione secondo David, direbbe che il taxi rappresenta l'utero di mia madre, il tassista mio padre, il vomito il senso di colpa per aver desiderato mia madre. Io, invece, potrei dire che la nausea mi si risveglia solo al pensiero di. E poi, diciamolo, mia madre ha le tette piccole, non è mai stata il mio tipo - fortuna che i miei ignorano l'esistenza del blog. In ogni modo, dopo l'Edipo, ecco che mi ritrovo su un taxi newyorchese in corsa con la porta spalancata e un drago erutta fiamme da tenere a bada, un Pollock futurista del conato che disegna ghirigori sull'asfalto della grande mela. L'importante è non perdere mai di vista l'afflato artistico. Però, prendi l'arte e mettila da parte.

'L'altro giorno, per esempio, ho litigato con un avvocato'

La voce di… perso nella ricerca del tempo perduto, cerco di riemergere nello spazio tempo. 'Scusi?'

'No, l'altra notte. Sarà stata l'una, una e mezza. Mi chiamano in viale Papiniano. Arrivo e mi vedo questo tizio distinto, con la barba, e una ragazza seduta sul marciapiedi. Lei non ce la faceva proprio'

Tiene o non tiene? Il dilemma del tassista, affrontato in una notte di baldorie anche dal grande matematico Nash, cosa che, tuttavia, non compare nella sua biografia ufficiale. Cospirazione salutista.

'Insomma, li carico e dopo un paio di minuti la ragazza mi vomita in macchina. Eh, no, dai! Lei si scusa, imbarazzata, e mi prega di portarla a casa, mi paga l'autolavaggio. Io le dico che sono cento euro e lei risponde che va bene, nessun problema. Poi vomita di nuovo'.

Vorrei fare un'obiezione: se devo pagare cento euro, mi sentirei in diritto anche io di cambiare l'arredamento della macchina a mio piacimento. Vorrei farla, ma me lo impedisce un conato di pusillanimità.

'Quando arriviamo, il tizio dice che lui paga solo la corsa, venti euro. Sì, venti schiaffi. A quel punto mi incazzo e gli ricordo che la sua ragazza ha promesso di darmi cento euro per il lavaggio. Be', il tizio mi dice che è un avvocato e che i cento euro me li sogno, lui paga solo la corsa. Hai capito che figlio di puttana? Oh, lì non ci ho visto più: mi è salito il sangue alla testa.'

Ogni tanto che salga nelle zone alte, e non solo in quelle basse, è salutare, davvero. Ma taccio di nuovo, perché io, con un tassista, di circolazione non mi metto a discutere.

'Gli ho detto che i soldi se li poteva tenere e che adesso lo riempivo di mazzate. Cazzo, quante ne prendeva! Deve ringraziare la sua ragazza che si è arrabbiata con lui,  ha tirato fuori i cento euro e mi ha pagato. Robe da pazzi.'

E dissertando di massimi sistemi e di pazzia, giungiamo a destinazione.

'Sono 14 euro'

Gliene allungo 15. Un euro lo lascio come cauzione, non si sa mai. Scendendo dal taxi, di fronte al portone di casa, rifletto su un paio di cose. Intanto, che nulla contenuto nel mio stomaco doveva risalire come un salmone lottando contro la forza dei succhi gastrici. Pensiero tranquillizzante. E poi che a me, i tassisti, piacciono così, mentre ti scarrozzano in giro per la città raccontandoti qualche aneddoto. D'accordo o meno, non importa. Ascolto le loro storie. Alcune, spesso, interessanti. Questo post non è mio: me l'hanno regalato e io, questo regalo, lo accetto volentieri. Buona settimana a tutti!