Non so ancora se Dio esista o meno. Non ne ho idea. Nel caso, non riuscirò mai a ringraziarlo abbastanza per averci reso impossibile – a differenza della maggioranza di tutti gli altri mammiferi – qualsiasi tipo di pulizia igienica ottenuta appoggiando le papille gustative in zona natiche. Non ci lecchiamo il culo. Lo considero un profondo atto di amore e misericordia. Di giustizia. Certo, ci sono i contorsionisti. Questa, però, è un’altra storia, alla voce “La mi dolce – ripiegata a – metà: contorsionismo e l’arte di risparmiare viaggiando”.
Sono andato a giocare a curling. Non so se lo sapete, ma il curling è quello strano sport simile alle bocce, solo che invece delle bocce si usano delle pietre di granito da venti chili. E si gioca sul ghiaccio. L’età media dei nostri istruttori poteva essere calcolata tramite dendrocronologia applicata alle rughe. Non credo avessero meno di un paio di secoli a stessa. Ammetto però che nella fase iniziale di stretching ci hanno dato del filo da torcere. La cosa che mi ha lasciato perplesso è l’origine di questo gioco. Di questo gioco inutile. Avevo sempre creduto che la paternità spettasse agli svizzeri. Mi sembrava un gioco da svizzeri. Invece il peccato originale è degli scozzesi. Un’invenzione partorita da una mente eccelsa dopo pinte di birra e fiumi di whiskey. Confesso di essermi divertito, ma non ripeterò a breve: gioco troppo statico, niente fatica, sudore, scontro fisico. Il bridge e gli scacchi li ho trovati fisicamente impegnativi. Scivoli, procedi per inerzia e, dopo aver mirato con precisione da cecchino, molli la pietra. Altri due idioti, nella speranza di far conquistare qualche metro in più alla pietra, spazzano come ossessi per terra. Degli invasati dell’igiene.Non ho mai scopato un pavimento così bene e con così tanto trasporto in tutta la mia vita. Nemmeno ora che mi sono trasferito a Zurigo. Potrei aggiungere l’altra battuta, ma la lascio per i commenti dei miei amici intellettuali.
Giovedì sera. Eurocity, direzione Milano. Dopo due ore passate prive di sensi, stravaccato sul sedile, bocca aperta, testa penzolante, torno alla dura realtà. Recupero un minimo di dignità, apro il libro che ho davanti e mi immergo nella lettura. L’immersione, purtroppo, è resa alquanto problematica dalla tizia dietro di me che, con una parlata in puro stile Gervasoni, allieta il suo fortunato compagno di viaggio – e non solo – con mirabolanti racconti che hanno come protagonisti famelici figli, patate pelate e pesci meticolosamente mondati di ogni mortale lisca e pronti per la padella. A difesa della mia evasione dal reale e dalle sue pericolose tossine, sfodero l’iPod e sigillo i miei padiglioni auricolari con le cuffie, regolando il volume un pelo sopra ai decibel consentiti dal Comune di Milano per i concerti a San Siro – che, diciamolo pure, sono pateticamente ridicoli. Niente da fare, la voce della signora echeggia per il vagone e la pulitura del branzino si mischia alle parole di Nabokov, costringendomi alla resa. Un’ora. Una cazzo di conferenza sulla sbucciatura del tubero. A volte mi sento un pesce fuor d’acqua. Questa volta sono finito nella padella della sciura. Le lische, per fortuna, ce le ho ancora tutte.
C’è gente che ignora l’esistenza della Basilicata. Potrei capire il Molise. In Molise sono certo si nasconda Bin Laden. Se solo gli americani sapessero dov’è il Molise. Ma la Basilicata? La terra dei Sassi di Matera, inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO? Pier Paolo Pasolini – notare che il correttore automatico mi scrive Pier Paolo Pisolini, passando dalla causa all’effetto – ci ha girato “Il Vangelo secondo Matteo”. Quel simpatico antisemita di Mel Gibson ha scelto i Sassi per le riprese del suo truculento e antisemita “La Passione di Cristo”. Insomma, è difficile non conoscere la Basilicata. D’altronde, confesso anche io la mia abissale ignoranza in geografia. Dopo anni passati sui banchi a studiare gli affluenti dei fiumi, tutto ciò è piuttosto desolante.
p.s: Boiano è in Molise. Si potrebbe scriverci un libro sopra, o almeno, io so chi potrebbe farlo. Divertimento assicurato. Detto questo, ma il Molise dov’è?!!
Milano. Fuori da un locale a fumare insieme a un amico. Freddo e umidità tiranneggiano al punto che, se mi infilassero uno stecco nel sedere, potrebbero benissimo vendermi al bancone surgelati dell’Esselunga. Un bellimbusto, narcotizzato dalla sua pettinatura da idiota, si avvicina in maniche di camicia al mio amico.
“Fratello, ce l’avresti una sigaretta da darmi?”
Fratello? Ora, i casi sono tre:
1 Siamo ad Harlem, andiamo in giro con le braghe allacciate alle ginocchia e le macchine con gli ammortizzatori che vanno su e giù. Yo! Possibile, soprattutto se ti sei sniffato pure la forfora, ma poco probabile
2 Il mio amico è davvero suo fratello. In senso lato siamo tutti figli di Dio, quindi, metaforicamente parlando, siamo tutti fratelli. Al momento, però, mi considero un agnostico. Perciò direi che, in senso letterale, l’opzione è improponibile
3 Il bellimbusto pettinato da idiota è effettivamente un idiota
2 Il mio amico è davvero suo fratello. In senso lato siamo tutti figli di Dio, quindi, metaforicamente parlando, siamo tutti fratelli. Al momento, però, mi considero un agnostico. Perciò direi che, in senso letterale, l’opzione è improponibile
3 Il bellimbusto pettinato da idiota è effettivamente un idiota
Scegliete voi quella che vi piace di più. A me la terza non dispiace.
Presentazioni di rito. Mani che si stringono.
Presentazioni di rito. Mani che si stringono.
“Bla bla bla, piacere”
”Eugenio, piacere”
Arriva il mio turno.
“Bla bla bla, piacere”
“Eugenio, piac…”
Come?!! Sorriso imbarazzato. Stato confusionale. Presentarsi, soprattutto con chi non si rivedrà più per il resto dei proprio giorni, è diventato ormai un rito sociale svuotato di ogni significato. Si inserisce il pilota automatico, pochi secondi e i nomi non sono nemmeno più uno sbiadito ricordo. Tabula rasa. “Era Paolo o Mario? Stefano o Elena? Ha i baffi? Il cappello? È Frank!”. Siamo zombie che stringono mani ad altri zombie.
“Piacere, David”
“Molto piacere, io sono molto piacere”
“Piacere, David”
“Piacere, sopra la panca capra campa”
Poi ti volti. Come cazzo si chiamano? Ti sembra di ricordare qualcosa di strano, ma niente più di quello. Continui a sorseggiare il tuo cocktail e a pensare al sesso ogni 52 secondi, almeno secondo quanto dicono i sondaggisti. Zombie.
O forse no. Forse voglio solo essere Eugenio. Possibile? Se per Leibniz questo è il migliore dei mondi possibili, allora la risposta deve essere no: Euge beve un sacco di champagne e lo sanno tutti che a me, lo champagne, fa schifo.
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