Non ho molti ricordi di quando
avevo due mesi, ma so che facevo, bene o male, quello che facevano tutti i bambini di quell’età:
poppavo, piangevo, mi cagavo addosso, mangiavo e dormivo. O forse era l’altra notte, dopo la
decima vodka? Voglio dire, se al posto di un bambino di due mesi ci fosse un cucciolo di bonobo, sarebbe la stessa cosa, solo più pelosa. E la storia dell’uomo è così: parte avvolto in un
pannolino per finire novantenne raggrinzito avvolto in un pannolone. Quindi il senso della vita, se c’è, è lì,
in mezzo agli escrementi, tra un paio di chiappe. Altro che Dio, l’assoluto, i massimi sistemi ed Eva Herzigova. In ogni modo,
Nathan Falco Briatore. Io sono sicuro che Nathan Falco, dato alla luce dell’ignoranza il 18 marzo scorso che fanno la bellezza di due mesi e tredici giorni, io sono sicuro che Nathan Falco non si caga addosso.
Poppa sicuro, perché anche io se avessi come mamma
la Gregoraci starei tutto il giorno attaccato al suo davanzale. Mangia, forse. Purtroppo,
non dorme più e piange. Piange tanto.
Una fontana di lacrime. La causa sembra essere il fatto che il pargolo, resosi conto di
che razza di genitori il potentissimo presidente nonché amministratore delegato dell’Universo gli ha affibbiato, è stato vittima di uno
shock così forte che pare abbia smesso persino di leggere
La critica della ragion pura di Kant. D’altronde, Adonai, quando si impegna, raggiunge gradi di stronzaggine mica male. E questo non è niente perché, come sapete, c’è un
evento nella breve ma intensa vita di Nathan Falco Falco Nathan
ancora più tragico. Drammatico. Funesto. Luttuoso. Sventurato. Preparate i fazzoletti. La
guardia di finanza ha sequestrato il modesto barchino di sessanta metri di Flavio Briatore, il
Force Blue. Sessanta metri. In Svizzera una roba così in genere ha un lago e delle montagne e la chiamano città. Nathan Falco, privato del suo confortevole giaciglio, non è più sereno. Non riesce a concentrarsi.
Fa fatica a evadere le tasse e non ride più quando guarda
la Pupa e il secchione. Giuro, quando ho letto la notizia, mi sono cascate le braccia. Non ci potevo credere. Non posso crederci. Non devo. Non devo abituarmi all’idea che delle cose così ingiuste capitino e continuino a capitare. È mostruoso. O Signore, che mi hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, come puoi tu, tu, lasciare accadere una cosa del genere? Cosa c’è,
hai mangiato pesante ultimamente? Ci hai già
piagato con i tronisti, perché continui ad accanirti? Ma tanto è inutile, Lui si avvale sempre della facoltà di non rispondere e Nathan Falco continua a piangere e piangere. Poi ci si stupisce se la gente si droga. Mettiamo la parola fine a tutte questa sofferenza. A questo dolore straziante.
Aiutiamo i Briatore. Per piacere. Qualche consiglio che mi sento di dare, dal profondo del mio cuore:
1. Flavio, non fare il barbone e compra un altro yacht. Però, questa volta, prendine uno più adatto alle esigenze del pupo. Tipo un transatlantico, così poi ci metti pista e trenini. In versione reale.
2. Elisabetta, stai vicino a tuo figlio in questo momento difficile. Tienilo vicino a te. Stringilo su tutto quel ben di Dio. Raccontagli la favola della bella addormentata nel sottobosco di nani e ballerine che si innamora del principe azzurro con il doppio dei suoi anni che tanto non ci crede nessuno.
3. Nathan Falco, cosa vuoi che ti dica, al peggio non c’è mai fine. Tuttavia, non ti lamentare troppo: pensa al figlio di John Elkann e Lavinia Borromeo che si chiama Oceano!
Buona settimana a tutti, anche ai Briatore!
p.s: per correttezza di informazione, Elisabetta Gregoraci ha dichiarato “Non ho mai detto che mio figlio, Nathan Falco, non riesce a vivere senza lo yacht: si tratta di dichiarazioni ridicole e insulse che non mi appartengono.”. Appartengono a Nathan Falco. Saluti.
Nessun commento:
Posta un commento