Saranno state le otto e mezza. K. e io ci prepariamo per uscire. Il programma prevede pizza, birra e poi si vedrà. Notiamo il cielo cupo, plumbeo, che non promette nulla di buono. Cade qualche goccia.
Io: “Dici che ci conviene prendere l’ombrello?”
K: “Io la rischierei. Poi, se no, dobbiamo starcene tutta la serata in giro con l’ombrello”
Io: “Hai ragione. Tanto sono solo due fermate. Andiamo, dai, che sto morendo di fame!”
Tempo due minuti, tuoni e fulmini e ho finalmente capito il significato di ‘diluvio universale’. Credo che l’effetto sia simile a quello che si ottiene standosene sotto le cascate del Niagara. Con scatto da centometristi, raggiungiamo il portone riparato di una casa. Altre tre persone, oltre a noi, vi trovano rifugio. L’intensità dell’acquazzone aumenta secondo dopo secondo, il vento pure. Piove dentro il negozio di fiori a fianco a noi, sgocciola copiosamente dalla tettoia sopra le nostre teste.
K: “Speriamo che finisca in fretta”
Io: “Sì, sì, tranquillo, è un temporale estivo. Scroscia così per cinque minuti, poi smette”
Infatti, quaranta minuti dopo siamo ancora lì sotto. Poi, la furia della natura si placa, lentamente. Raggiungiamo la pizzeria.
Qualche ora dopo K. alza bandiera bianca: la battaglia contro la palpebra calante è irrimediabilmente persa. L di L&L – che, dopo cena, ci aveva raggiunto per aiutarci a raggiungere l’unico Stato che io veramente riconosco, quello d’ebbrezza – ce ne andiamo in direzione Bar 3000, usuale ritrovo di nottambuli alcolizzati e di avventori del club sottostante che salgono a farsi una sana fumata. Io, modestamente, faccio parte di entrambe le categorie. Seduti al bancone, iniziamo il solito girone infernale di cuba libre. Non chiedetemi il perché e il per come, ma dieci minuti più tardi confabuliamo con un ragazzo locale, genitori spagnoli, che ci tira la pezza della vita. Per essere simpatico, è simpatico, ma non penso diventerà il mio nuovo migliore amico. Tranne per quei cinque minuti di gloria. Insomma, visto che già ci diamo del tu, passiamo pure alle presentazioni.
“Hi, I’m Lorenzo”
“Hi, I’m David”
Lui ci guarda, sfodera un sorriso così grande che ci si potrebbero infornare un paio di pizze e sentenzia, alquanto sibillino:
“You are me”
Prego?
“You Lorenzo and you David, you are me”
Una volta almeno con gli acidi ti facevi dei viaggi, vedevi gli gnomi e parlavi con Dio incarnato in un barattolo di sottoaceti. Il punto interrogativo aleggia sui nostri sguardi.
“My name is David and my surname is Lorenzo. I’m David Lorenzo. You are me”
Intrigo svelato. La scoperta ci commuove a tal punto che saremmo quasi tentati di abbracciarlo, ma ci asteniamo per pudore. Parlando del più e del meno, scopriamo che è pure sposato.
“Sì, ma non sono un prete” dice ammiccando. E pensare che per un momento l’ipotesi ci era balenata per la testa. Difatti, un paio di ore dopo lo vediamo andarsene via mano nella mano con una specie di comodino dotato di un paio di tette modello mongolfiere. A celebrare la messa, credo.
Serata conclusa, come al solito, con trascinamento verso casa sui gomiti.
Termino il pezzo in maniera sconclusionata con una perla freudiana del commentatore di RSI ascoltata in diretta da L di L&L durante il Tour de France e che non potevo non citare: “Ambasciator non porta pene”. Poveraccio. L’ambasciatore. Buona settimana a tutti!!!
p.s: lunedì prossimo pubblico l’ultimo post prima delle mie tanto attese vacanze. Potete andare a festeggiare!
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