“Sì?”
“Aide, bvino”
Ecco, sono a posto.
“Eh?”
“Bvino, alire”
È più facile interpretare la scrittura cuneiforme.
“Il vino?”
“Bvino, alire!”
“No, senta, non abbiamo ordinato nessun vino”
“Alire”
“E non lo faccia salire. Niente vino, capito?”
Mi rimetto al lavoro. Neanche trenta secondi, e suonano alla porta. Allora non capisce davvero un cazzo. Visibilmente irritato, vado ad aprire. Davanti a me, però, non c’è un garzone. Niente casse di vino. C’è, invece, un rabbino ultraortodosso, con tanto di barba chilometrica, peot e vestito nero di ordinanza con cappello a tesa larga che mi parla in ebraico. A essere sincero, preferivo di gran lunga il vino.
Questo succede a ritrovarsi con un portinaio allievo della scuola del grammelot. A Zurigo, mentre l’insegnante di tedesco mi domanda qualcosa di incomprensibile, ripenso, ogni tanto, al “Bvino” e alla “Ona era”. Ci ripenso, giusto un attimo, sorrido, abbozzo una risposta altrettanto incomprensibile e mi consolo sapendo che almeno buongiorno e buonasera, in tedesco, non sono più un segreto per me. Bei nächstbester Gelegenheit!
Nessun commento:
Posta un commento