martedì 25 giugno 2013

Il grande circo dei professionisti

Zurigo è una città strana. Per un milanese. Sulla cacofonia linguistica mi sono già espresso più volte. Per parlare lo svizzero tedesco non servono le corde vocali, ma delle orde vocali. Orde vocali barbariche. La puntualità dei trasporti pubblici. Prendete Aspettando Godot, ambientatelo in una banchina di attesa di autobus di una qualsiasi città italiana e riuscirete a cogliere alla perfezione il significato dell'opera. Beckett uno di noi. La fila alla posta, qui, è un concetto esotico. Esiste, ma altrove. Indovinate dove? Quando vivevo a Milano e sapevo che, il giorno dopo, mi sarei dovuto andare a infilare in quel girone dantesco, prendevo dieci gocce di Lexotan prima di coricarmi. All'ufficio postale dovevo arrivarci armato di due cose: tanta pazienza e una pila di libri da leggere. Sono debitore nei confronti della grande tradizione letteraria russa, che mi ha alleviato ore di infinita sofferenza. A Zurigo non ricordo di avere mai atteso più di cinque minuti: i numeri sul quadrante elettronico vengono scanditi in sincrono con i secondi. Il silenzio delle ore notturne contro l'intermittente brusio della città meneghina. L'elenco è lungo. Tuttavia, di una delle cose più bizzarre, di quelle che ti percuotono la testa con un enorme punto interrogativo immobilizzandoti in uno stato di assoluto stupore, è stato testimone un mio amico e collega, qualche tempo fa. Una sera, rientrando a casa, si è trovato davanti la seguente scena: un semaforo, una scala e su quella scala una persona. Con una spazzola da parabrezza in mano. All'inizio L. non poteva credere ai suoi occhi. Non è vero. Non esiste. Non nel mondo reale, quello europeo, dove la gente prende mille euro al mese che investe tutti nell'acquisto dell'ultimo iPhone. Ma siamo in Svizzera. A Zurigo. E l'uomo con la spazzola da parabrezza in mano, sì, stava pulendo le luci del semaforo. In effetti un rosso sbiadito perde parte del suo effetto deterrente, l'arancione, pulito o meno, fa cagare già di suo e il verde sporco speranza non si è mai sentito. Anche a Milano, ai semafori, possiamo vantare uomini con la spazzola da parabrezza. Che, però, utilizzano, giustamente, sui parabrezza. Delle nostre auto. Senza nessun rispetto della legge della domanda e dell'offerta. Il risultato? Sembra che vi abbiano vomitato sopra un Pollock avariato.


A pensarci bene, di lavori più o meno inutili, più o meno inventati, ce ne sono parecchi. Per esempio…

Cravattestato di stima ovvero l'annodatore seriale

Giuro di dire solo la verità, nient'altro che la verità. Anni fa, alla sfilata di un'importante casa di moda italiana. Me ne stavo lì, a raggranellare qualche spicciolo visto che, con la laurea di filosofia in tasca, il mondo del lavoro era un grande talent show dove la risposta finale era sempre la stessa: per me è un no. Così, in compagnia di altri baldi giovini, adempivo al ruolo di ragazzo immagina: immagina che cazzo fare con una tesi sullo scetticismo contemporaneo. Certo, forse tutto era un sogno e il mondo non esisteva ma, vi assicuro, il tizio deputato ad annodarci le cravatte, quello sì che era reale. Annodo le cravatte, dunque sono. Un cartesiano della sartoria pronto a cancellare secoli di pirronismo con la sua tecnica sopraffina: avanti un altro, avanti un altro, avanti un altro. Fu il giorno in cui ebbi la tentazione di bruciare la mia tesi.

Il prosciugatore esistenziale

Al retorico 'Ciao, come stai?', rivolto a lui, il conoscente, quello che dovrebbe solo parlarti di figa e previsioni del meteo, risponde con almeno una mezz'ora di filippica: i trenta minuti più lunghi della vostra vita. 'Mmh' ed 'eh' di circostanza, rinforzati da segni d'assenso del vostro capo, espressione sintomatica del capitolare di fronte a un senso di pesantezza a mala pena sopportabile, scandiscono il suo pessimismo cosmico, un inarrestabile flusso di coscienza che solo la morte può arrestare. Le ginocchia che non sono più quelle di una volta, il capo affetto da pulsioni sadiche, l'impossibilità di conoscere tutto l'Universo, il gatto vomitatore seriale, la fidanzata psicotica e castratrice, un miscuglio letale di argomenti che ha un solo e unico fine: piegare la vostra volontà, prosciugarvi l'anima e lasciarvi indifesi davanti a un mondo che non sembra più bello come una volta. Pare evidente che il prosciugatore è pagato per ricoprire il ruolo di ammorbatore dell'ego. Anche le vittime di turno, però, meriterebbero almeno un elogio alla sopportazione. Concludo ricorrendo che tutti noi, almeno una volta, abbiamo ricoperto il ruolo del carnefice esistenziale.

Il donatore di sangria

Chi, come il sottoscritto, ha trascorso l'ultimo migliaio di fine settimana ingurgitando litri e litri di alcol nella speranza di ricreare l'effetto brodo primordiale, sa cosa significa sottoporsi a degli esami del sangue che, per i dottori, ha certamente un'ottima annata - e non sa di tappo. Essendomi svenato in questa nobile attività, non possiedo una casa, però un'ottima resistenza alcolica, quella sì. E allora è giunto il momento di pensare anche agi altri e di donare indietro quello che, a fatica, noi bevitori instancabili di venerdì e sabati notte risucchiati nell'oblio di buchi neri creati dalle leggi fisiche di rum e vodka, ci siamo conquistati: infilateci un ago in vena e riprendetevelo tutto, l'alcol. E bevete alla nostra salute. Gratis. Cin cin!

L'addestratore di selve feroci

Dante ne fece esperienza diretta. Risultato: generazioni di studenti che ogni anno si spremono le meningi nel tentativo disperato di decifrare le ermetiche allegorie che popolano la Divina Commedia. Tutta colpa della selva oscura. Come non capire allora l'importanza di una figura come quella dell'addestratore di selve feroci, illuminatore di oscurità, che, fosse esistito ai tempi, avrebbe risparmiato al sommo poeta anni di affaticamento letterario, per la serie prendi l'arte - nova - e mettila da parte. Poco chiaro, ammetto, nello specifico, la metodologia di tale addestramento.

L'igenetista

Si sa, spendere una vita intera rinchiusi all'interno di un corpo umano, senza avere mai la possibilità di fare due passi, bersi una birra o ammirare il nuovo taglio di capelli di El Shaarawi non è facile. Se poi si è responsabili dello sviluppo comportamentale di certi tizi di mia conoscenza, il senso di colpa deve rendere la loro vita un inferno. Poveri geni. Per questo abbiamo assoluto bisogno di igenetisti: gente che, almeno una volta all'anno, si prende cura di loro, li coccola, dà loro una spolverata e spara due cazzate, così, tanto per tenerli su di umore. Attendo con ansia l'apertura di un corso master apposito.

Il mago del pagliaio

Come il suo collega più famoso, che nessuno è mai riuscito a trovare, predilige fienili di campagna in cui esercitare le sue astruse magie e scomparire alla vista di noi comuni mortali. Dura dedicare la propria esistenza all'arte mimetica e passare inosservato ai più, circondato da un mucchio di paglia poco propenso alla conversazione. Il più famoso di tutti è il mago di Garda, prediletto dai turisti tedeschi per il suo cilindro del dottor Scholl che non serve a un cazzo però aiuta a riconoscerlo in mezzo a tutta quella paglia.

Il viaggiatore indietro nel tempio

Per i nostalgici del ventennio Avanti Cristo. Per quelli che ormai si sono già assuefatti e un Dio solo non basta più. Per tutti coloro che credono forse no, ma si fidano di numi più modesti, niente di meglio del viaggiatore indietro nel tempio, un politeista dei tempi moderni che, lasciatosi alle spalle un palloso demiurgo dall'Ego sconfinato, cerca di rifondare un nuovo credo dove la bella Afrodite, Priapo e il suo gigantesco pene, baccanali e feste orgiastiche si fondono in un tutt'uno al grido di menoteismo, più mona per tutti. Amen

E ora, non mi resta che augurarvi buona settimana. Aspetto ansioso i vostri curricula.

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