giovedì 30 ottobre 2008

Celebrità

Suono di citofono.
"Chi è?"
"Io!"
Il portone si apre.
Ora, mi sapete dire chi è questo Io che tutti conoscono?

mercoledì 29 ottobre 2008

Ride bene chi non ride affatto

Ieri, verso mezzanotte, prima di crollare sul letto privo di sensi, compio un gesto eroico: l’accensione del televisore. Con agilità da prestidigitatore muovo il pollice da un tasto all’altro, fino a quando la mia attenzione, piuttosto scarsa, decide di soffermarsi su Italia Uno. Trasmettono SNL: per i profani, Saturday Night Live, uno dei programmi comici di maggior successo, in onda da 33 anni sulla NBC, in seconda serata. Per darvi l’idea, sono passati dal SNL personaggi come Dan Aykroyd, John Belushi, Bill Murray, Eddie Murphie, Billy Cristal, Ben Stiller, Adam Sandler, Sarah Silverman, Will Ferrell, Tina Fey e molti altri. Qual è la sua peculiarità? Fa ridere. Fa ridere tanto. Si piange dal ridere. È commovente quanto si riesce a ridere. E ora torniamo a Italia UNO. Non abbiamo l’originale, ma una scialba, triste, deprimente versione italiana. Ora:
1 Va in onda il martedì. E si chiama Saturday Night Live. Grandi!
2 I comici non fanno ridere
3 Si piange. Tanto. Perché il programma fa schifo.
Come sempre – ci avevano già provato con il David Letterman Show – un certo tipo di comicità la sanno fare solo gli americani: dobbiamo per forza scopiazzarli facendo dei prodotti che rasentano la schifezza? Ubi maior…

mercoledì 22 ottobre 2008

Dottore, sto per morire?

Sdraiato sul divano, alle prese con i suoi corsi di latino e aramaico, porta la mano alla fronte, la tiene premuta qualche secondo e poi, sconsolato, emette uno starnuto che cambia il clima nella stanza. Pochi minuti dopo si trascina lentamente verso la cucina, dove si accende una sigaretta e riflette sul suo tragico destino. Ritorna ciondolando, riconquista la posizione supina e per una buona mezz’ora tira su con il naso, fino a quando la sua scatola cranica, credo, non viene completamente invasa dal muco. Un metronomo, in pratica, che scandisce il ritmo dei miei esercizi al pianoforte.

“Non potresti soffiarti il naso, per piacere?”, domando: Bach non si merita tutto questo rumore di sottofondo.
“Sono intasato”, risponde offeso, poi ricomincia ancora più forte, tant’è che ho paura che, di questo passo, finisca con aspirare il tappeto su cui poggia la mia sedia.

Perché mio padre è così: grande cervello, ma guai a prendersi un raffreddore. Non ho mai visto soffrire così neanche un malato terminale.
“Dopo cena prenderò un’aspirina e credo che poi andrò a dormire”
Aspetto la mia replica. Dovrei sostenerlo, in questo momento difficile. Portargli conforto. Avere il naso che cola è una tragedia: adesso ci sei, domani chissà.
“Papà, è solo un raffreddore!”
Mi guarda come un prigioniero può guardare il proprio aguzzino. Se i suoi occhi in questo momento potessero parlare, mi direbbero: “Solo un raffreddore?! Solo un raffreddore?! Tu non capisci niente!!!”. Ma i suoi occhi non parlano. Il suo naso, invece, emette dei gran suoni. Sento i suoi germi che mi prendono a schiaffi. Sento il suo naso che tira su, e su, e ancora più su. O che palle!!!

martedì 21 ottobre 2008

Seduta creativa

“Che lavoro fai?”
Il creativo”

Ripensavo
l’altra sera al tizio che ha risposto a questa domanda. Seduto comodamente sopra il cesso, rimuginavo sul significato. Creativo… Cosa avrà mai voluto dire? Bereshit Bara' Elohim et ashamaim veet Haaretz: In principio Dio creò il Cielo e la Terra. Lui, di sicuro, un creativo lo era eccome, anche se i risultati, a detta di qualcuno, sono pur sempre discutibili. Ma quell’altro? Creativo… E io, io lo sono? Cavolo, come faccio a rispondere… Certo, sono un copywriter. Scrivo. Certo, sono un musicista. Suono. Certo, sono un compositore. Un compositoruccio. Scrivo. Scrivacchio, ma sono un creativo? E poi… plof: partorisco uno stronzo straordinario, innovativo, originale, che pesantemente si deposita in fondo alla tazza del cesso. E allora, in quel preciso momento, tutto mi si è chiarito: certo che sono un creativo!!!

giovedì 16 ottobre 2008

A letto senza cena!!!

Lo confesso, sono un bamboccione: vivo ancora a casa con i miei. E non me ne vergogno. I vantaggi sono innumerevoli: zero bollette da pagare, niente spesa, nessun vestito da lavare e stirare, cena in tavola alle otto in punto. Insomma, maggior potere di acquisto e più tempo libero. Però… perché ovviamente c’è un però. Anzi, più di uno. Non ve li elenco tutti, non ho intenzione di tediarvi. Ne citerò solo uno. Ieri sera. Ieri notte. Insomma, stamattina, ore quattro e dieci, il sottoscritto, dopo una serata dedicata ai vizi, gira la chiave nella serratura e fa il suo ingresso trionfale in casa. Il trionfo, manco a dirlo, aleggia solo nei meandri del mio cervello. Con passo alla John Wayne, supero agilmente l’anticamera, spalanco la porta e… una visione terrificante si presenta davanti ai miei occhi: la stanza in fondo al corridoio è illuminata da una flebile luce. In quella camera dorme mia madre. Ora, mia madre dorme con la luce spenta. Ergo, è sveglia. Ci sono due motivi per i quali può essere sveglia: il primo è che non si sente bene; il secondo è che non si sente bene, ma per colpa mia. A naso, opto per la seconda opzione e siccome tolto il dente, tolto il dolore, raggiungo la camera e faccio capolino con il mio bel faccino alcolizzato.

“Ciao!”
“Ma dov’eri?”
“Fuori”
“Sono sveglia dalle tre, ho visto che non eri tornato, il tuo telefonino non prende. Mi fai stare in agitazione”
“Dai, mamma…”

E il senso di colpa, intanto, mi sta ripetutamente prendendo a schiaffoni, anche se alla fine lo metto giù con un gancio al mento.
“Scusa, ma domani non vai a lavorare?”

“Certo che vado!”
“Ma tu…”

Non finisco di sentire la frase. Me ne vado in camera mia, mi infilo il pigiama, piscio – non nel pigiama -, mi lavo i denti e di lì a poco sono nel mondo – breve – dei sogni. Mia madre deve essere ancora lì che borbotta.

martedì 14 ottobre 2008

Sono sveglio, anzi no

Ti ti ti ti, ti ti ti ti… Perché è così difficile svegliarsi la mattina? Quesito fondamentale. Ti ti ti ti, ti ti ti ti… No, oggi proprio non ce la faccio: adesso mi volto, spengo la sveglia e me ne sto sotto le lenzuola fino a mezzogiorno. Ti ti ti ti, ti ti ti ti… È che ho le palpebre appiccicate: inutile, non si vogliono aprire. Ti ti ti ti, ti ti ti ti… Poi tanto cosa ci vado a fare in ufficio? Per fissare lo schermo? Ti ti ti ti, ti ti ti ti… In genere non lo farei – sapete, i sensi di colpa, l’etica professionale -, ma in questo caso… solo in questo… Ti ti ti ti, ti ti ti ti… Certo che bruciarmi un giorno così, senza senso… Volendo, il senso lo si trova anche, però… Ti ti ti ti, ti ti ti ti… Sunday morning rain is falling/Steal some covers share some skin… No, la sveglia del cellulare no, eccheccazzo!!! Va bene, ho capito, mi alzo!!!

lunedì 13 ottobre 2008

Il lavoro debilita l'uomo. Il non lavoro anche peggio...

In ufficio calma piatta. È così da una settimana. Arrivo verso le dieci, accendo il computer e, come tutti i bravi impiegati, apro la posta. Per darvi un’idea: due settimane fa mi arrivavano circa quaranta, cinquanta mail al giorno. Neanche il tempo di respirare. Adesso dieci, forse quindici, e nessuna che contenga qualche richiesta di lavoro con scadenza immediata. Niente, il che rende problematico il trascorrere delle ore. Incomincio guardando fuori dalla finestra. Essendo all’ultimo piano di un palazzo di undici, godo di un panorama niente male. Certo, non sono a New York né in qualche località circondata da parchi, fiumi, monti e mari, ma il bello, volendo, si trova sempre. A fatica, ma si trova. Poi scrivo un post come questo, sperando che mi tenga impegnato per almeno una mezz’ora. Controllo la mia posta personale: due indirizzi, ottimo. Spedisco qualche sms, così, tanto per tenere in allenamento il pollice. Facebook, Messenger, Skype. Santa Trinità… Pranzo, caffè, Facebook, Messenger, Skype. E mancano ancora TRE ORE!!! Non ce la farò mai. iPod nelle orecchie… ahh, che male! Allora infilo solo le cuffie. Corriere della Sera, Haaretz, Ynetnews, Le Monde, Le Figaro, The New York Times. Prendo un foglio e ripasso l’ultima lezione di ebraico. Leggo gli annunci di lavoro. Arriva una telefonata. Mangio una banana. Mi alzo, prendo da bere, vado in bagno, faccio il giro lungo, torno. Sono le sei e mezza, che faccio? Facebook, Messenger, Skype. Facebook, Facebook, Facebook. Fai la giravolta, falla un’altra volta. Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra tromba. Fatemi andare a casa! Help, I need somebody, not just anybody. Le sette. In neanche sessanta secondi: spengo il computer, mi infilo la giacca, lo zaino, prendo l’ascensore, arrivo a pian terreno, esco, slego lo scooter, lo accendo, mi metto il casco, parto e alzo pure il dito medio all’automobilista che cerca di uccidermi con una manovra assassina. Domani spero di essere sommerso di lavoro. Amen.

mercoledì 8 ottobre 2008

A Milano, una volta, si stava dietro ai banchi. Di nebbia...

La scuola mi fa schifo!!!
Più che una frase, una vera e propria sentenza che può essere stata pronunciata da:


1 Una persona problematica che come hobby ha quello di assaggiare banchi, cattedre, lavagne, muri. A una persona così la scuola è sicuramente indigesta

2 Un esteta. Forse è capitato in una sede che offende il suo senso estetico

2 Il sottoscritto, che a sei anni, il primo giorno di scuola, aveva già capito come sarebbero andate a finire le cose...


Non so voi, ma io propendo per la terza ipotesi. Certo che anche la prima, però...

mercoledì 1 ottobre 2008

Signorina, solo un momento, prego!

Questa è una storia vera. E se la verità per voi è solo un’eterna ricerca, consideratela almeno verosimile. La protagonista della vicenda è una gran bella ragazza che di mestiere fa la modella. La gran bella ragazza, che di mestiere fa la modella, è fidanzata con un mio amico. La gran bella ragazza, che di mestiere fa la modella ed è fidanzata con un mio amico, è francese. Di Parigi. Ora, dopo 18 mesi di fidanzamento, ha finalmente incominciato a scambiare qualche vocabolo in italiano. Niente male: molto meglio di Ranieri che, come dice quel gran simpaticone di Mourinho, in cinque anni nella piovosa Londra ha imparato a mala pena a dire Good Morning e Good Afternoon. Insomma, per capire, capisce. E per parlare, parla: qui iniziano i problemi. Sì, perché lei adora il succo di pompelmo. Questo non è un problema, anche se a me, personalmente, il succo di pompelmo fa schifo. Comunque… Lei adora il succo di pompelmo. Ora, se vi trovate al supermercato, girate tra gli scaffali fino a quando non riuscite a ghermire l’ambita preda. Se, al contrario, vi trovate in un noto locale milanese, non dovete fare altro che avvicinarvi al bancone: ogni vostro desiderio verrà esaudito. Ed è proprio quello che fa lei: due o tre passi, poi si protende in avanti, e quando ritiene di essere in prossimità dei padiglioni auricolari del barman, gli sussurra con voce sensuale: “Per piascere, an suco du pompino”. Il povero ragazzo è ancora là che si contorce dalle risate. D’altronde, che cosa avrebbe dovuto rispondere? “Mi spiace, signorina, ma per quello bisogna aspettare un po’”? Naaa!!!