lunedì 9 novembre 2009

Spegnetemi il dj


Tunz tunz tunz.
Sono le sette di mattina.

Bum bum bum.
Sono le sette e un quarto di mattina. E il dj? Continua a suonare.

Tunz tunz tunz.
Sono le sette e venti.

Bum bum bum.
Sono le sette e mezza. Il mio amico ha detto che si fa chiusura. E il dj? Il dj è uno stronzo, perché continua, imperterrito, a suonare. Ci saranno dieci persone in pista che ballano completamente fuori tempo e lui è ancora lì, cuffia in testa, braccio che mulina in aria, tunz tunz e bum bum.

Tunz tunz tunz.
Sono le otto di mattina.

Bum bum bum.
Sono le otto e mezza. E il dj? E’ nel mirino del mio fucile. Bang bang bang, ma è solo un sogno.

Tunz tunz tunz…
Sono le nove di mattina. M. e io ci lanciamo uno sguardo di intesa. O meglio, il mio è di disperazione, il suo di completa rassegnazione.
“E se andassimo?”. Lampi di genio che squarciano il buio di menti offuscate dalla stanchezza. Niente più bum bum bum. Si torna a casa.

Sonno breve, corto, troppo corto. L’orecchio destro sibila, mi fischia, cartellino rosso, espulso. Fuori grigio, freddo, pioggia, silenzio. Passano i tram. Qualche macchina. Qualche passante. Usciamo in cerca di cibo, attratti dagli odori, dai sapori. Dalla pancia vuota. Dalla fame chimica. Camminiamo, avvolti da strati di vestiti, le mani in tasca, mentre… ma, scusate, e il dj?

Il dj, mi sa tanto, è ancora lì. Che suona. Tunz tunz tunz. Bum bum bum.

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