lunedì 8 febbraio 2010

L'inquisizione


“Signore?... Signore?!... Signore?!!!”

Apro un occhio. L’altro lo segue, piano piano. Davanti a me, tre individui in uniforme. Li scambio per i Village People, ma il loro accento spiccatamente ticinese fa vacillare la mia iniziale certezza. Sono guardie di confine.

È sua la valigia?”, mi domanda uno di loro, indicando il trolley infilato nel vano sopra il mio sedile.
“Sì. Anche lo zaino”
“Le dispiace se le diamo un’occhiata?”

Sì. Mi dispiace molto. Sono troppo stanco per sbattere le palpebre, figuriamoci per alzarmi e tirare giù la valigia. Sono troppo stanco perché prima mi ha svegliato il controllore italiano “Biglietti, prego!”, poi anche quello svizzero ha pensato bene di dare il suo contributo con un misterioso “Pig-lietti, preko!”. Sono troppo stanco perché questa è la quinta volta che mi fanno aprire la valigia sulla tratta Milano-Zurigo. La quinta. Sono troppo stanco perché sono sempre l’unico passeggero della carrozza sottoposto alla minuziosa analisi della biancheria intima – questa volta sono in buona compagnia, una signora filippina che, però, se l’è cavata con una stretta di mano e tanti saluti alla famiglia.

Qual è il mio problema? Ho i tratti troppo mediterranei? Sono troppo circonciso? Ho l’alito pesante? Le gengive infiammate? Le unghie incarnate? Sono troppo magro? Basso? Alto? È il meteorismo? La sindrome di Tourette? Il cerume che fuoriesce dalle orecchie? La fame nel mondo? Il buco nell’ozono? È perché non ci sono più le mezze stagioni? È colpa di Israele? Il crollo dei mercati? Il comunismo? I panda che non si riproducono in cattività? Dio che è morto? I film di Muccino? Bruno Vespa? Il Cavaliere? La crisi del PD? La mascella a forma di ferro da stiro di Ridge? Gli alieni? Gli alienati? Morgan l’aspirapolvere? Ditemi qua-le caz-zo è il mi-o pro-ble-ma!

Bello scrivere. Inventare. La realtà, purtroppo, è ben diversa. Mi alzo e, in piena crisi da privazione acuta di sonno, afferro la valigia, la tiro giù facendomi uscire un paio di ernie e la adagio sopra un tavolino.

Ha un documento?”

Cheppalle.

“La patente va bene?”
“Perfetto”

Adesso chiamerà non so chi, farà la compitazione di nome e cognome “Rosen che?!!” e gli risponderanno “Ah, sì, è sempre lui. No, no, è solo un idiota, dagli uno zuccherino così è contento”.

“Dove sta andando?”
“A Zurigo”
“A fare?”

Il domatore di cinghiali, come Guarino ha scritto sulla mia pagina di Facebook.

“Ci vivo. Lavoro”
“Capisco”. Il che è già un enorme passo avanti.

Intanto, gli altri due, muniti di guanto salvafreschezza, stanno esplorando i meandri del trolley. Ecco la maglietttina, le calzettine, la mutandina, la camicina. La camicina?!!

Mi raccomando, le camicie…”
“Sì, sì, non si preoccupi”

Mi preoccupo eccome.

L’esplorazione va avanti. Stalagtiti, stalagmiti, delle mummie, un attaccapanni, qualche centinaio di cinesi che lavorano, maglioni, libri. Tutto nella norma.

“E questo?”, con aria inquisitoria.
Bresaola. E parmigiano

Apre il sacchetto, tanto per essere sicuro. Forse abbiamo messo le mani su un pericoloso trafficante di grana. Invece, niente: richiude – alla cazzo – il sacchetto e richiude –alla cazzo – la valigia.

“Grazie. Buon viaggio”

Sì, come no. Sprofondo nel sedile, deciso fermamente a dedicare le due ore che mi separano da Zurigo a quell’attività che mi è stata fino a ora negata. Chiudo gli occhi e… e l’annuncio del capotreno me li fa tosto riaprire – notare il ‘tosto’ che ottocentizza la mia vacua prosa –:

“Kausa intcitente del treno che tci precete, fiacceremo kon un ritarto di almeno un’ora. Il treno farà una zosta di metzz’ora a Bellinzona. Ci scuziamo molto per il tisatcio”

Quando si dice la fortuna.

Un migliaio di sbadigli più tardi, che dalla regia mi dicono corrispondere a mezzanotte e mezza dell’ora solare, arrivo a casa. Distrutto. Apro la valigia. Metto bresaola e parmigiano in frigo. Calze, mutande, magliette e maglioni nei rispettivi cassetti. Poi, prendo le camicie. Le camicie sono stropicciate. Molto stropicciate. Troppo stropicciate… STRONZI!!!

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