lunedì 12 aprile 2010

La lingua salvata


Il 17 febbraio del 1992 io avevo sedici anni. Non rammento cosa facessi quel giorno. Probabilmente niente, come al solito. Forse stavo studiando il manuale del perfetto asino. Forse fantasticavo su seni giganti, chiappe marmoree e tutto quello che aveva a che fare con la parola ‘sesso’. O forse pensavo a quando, in un lontano futuro, sarei diventato un adulto. Già, quando? In ogni modo, la mia travagliata adolescenza , quel giorno – e quanti ne sono passati da allora. La lancetta non si ferma proprio mai, mio Dio -, non era di alcun interesse nelle vicende dell’Italia di diciotto anni fa. Quello che invece aveva catalizzato tutta l’attenzione dei media era stato l’arresto a Milano del presidente del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, un esponente del partito socialista italiano. Come ben sapete, a meno che non siate nati in quegli anni e in questo caso, se mi state leggendo, la vostra adolescenza è certamente più terribile della mia, quello era l’inizio dell’inchiesta giudiziaria passata alla storia come ‘Mani Pulite’ che si abbattè come uno tsunami sulla politica e la finanza del nostro Paese. Il Pool di Milano diresse il requiem, tutto in minore, della prima repubblica. Non so chi coniò il neologismo – L di L&L? -, ma il periodo di furto istutizionalizzato viene anche ricordato come ‘Tangentopoli’. Abbandoniamo ora gli anni Novanta con un salto temporale in avanti che la fisica ci nega, ma non la scrittura. Sesso, soldi e potere. La storia dell’uomo in un bigino concentrato. Ecco quindi Moggi e compagnia bella. Calciopoli. Corona e compagnia bella. Vallettopoli. E qui ci fermiamo, perché dal requiem della prima repubblica siamo finalmente arrivati al requiem della lingua italiana, celebrato, purtroppo, ormai quotidianamente. Infatti, tanto geniale fu l’inventore della parola ‘Tangentopoli’, quanto completamente idiota e cerebralmente amebico chi, sull’onda, diffuse in tutto lo stivale i termini ‘Calciopoli’ e ‘Vallettopoli’. ‘Tangentopoli’ non vuol dire altro che città delle tangenti. È l’unione, forzata, di ‘tangenti’ e del suffisso greco ‘poli’ che deriva da ‘polis’, città. Chiaro, no? Il suffisso, in questo caso, denota e non connota. Non ha nessuna valenza ulteriore al fatto di significare la parola ‘città’. I nostri fini intellettuali, principalmente giornalisti, menti illuminate che a stento riconoscono un congiuntivo da una congiuntivite, hanno deciso invece di dare a quel suffisso una valenza connotativa. Un peggiorativo. Calciopoli, quindi, non sta a significare la città del calcio, ma indica un sistema di illeciti volto a manovrare il campionato italiano. Vallettopoli non sta a significare la città delle vallette, cosa che farebbe gola a molti e che tutti salverebbero come indirizzo preferito in google maps. No, Vallettopoli sta a significare un sistema moralmente deprecabile fatto di agenti e agenzie che mercificano il corpo di avvenenti ragazze promettendo loro soldi e carriera nel mondo dello spettacolo o che utilizzano scatti di vita rubata a personaggi più o meno famosi come mezzo di ricatto e riscatto. Non c’è che dire, un grande applauso alla sovranità dell’ignoranza della lingua italiana. Non avrei scritto un post del genere se l’inchiesta di Calciopoli non fosse tornata prepotentemente alla ribalta. Calciopoli… Prendiamoci cura della nostra lingua, perché dentro di lei c’è il nostro mondo, la nostra storia, il passato, il presente e il futuro. La nostra cultura. Le dieci parole di Dio – quello era ebraico, ma Dio aveva degli ottimi traduttori simultanei. Dante. Ci sono i sogni e le parole che ci faranno sognare. Ci sono le parole con cui abbiamo amato, amiamo e siamo stati amati. C’è l’infinito a cui aneliamo e l’immortalità in cui ancora, almeno un po’, crediamo. E allora, vaffanculo a Vallettopoli e pure a Calciopoli. Buona settimana a tutti. Vi lascio con chi sì che, la lingua, sapeva usarla veramente: “With love's light wings did I o'er-perch these walls;/ For stony limits cannot hold love out,/ And what love can do, that dares love attempt.”. W. Shakespeare, Romeo and Juliet.

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