lunedì 6 settembre 2010

Anno che viene, anno che va

Di nuovo sul treno, di ritorno verso Zurigo. Sarà la domenica , ma oggi mi sento particolarmente malinconico. E mi manca Milano. Più del solito. So che ci sono mille ragioni per odiarla, forse di più, ma quella cosa che a fatica pompa il sangue nel mio corpo se ne frega. Tra qualche giorno, quando, munito della mia fidata lancia alcolica di rum e cola, scenderò sul campo di battaglia pronto al singolar tenzone, penserò tutt’altro. Oggi, però, è così. Venerdì scorso ho compiuto 34 anni. Non saranno ancora un’eternità, ma ho amici che conosco da più di vent’anni e questo fa impressione. Almeno un po’. E il torcicollo che ho avuto come regalo di compleanno non è stata una ventata di ottimismo. Allora, cosa è successo in questo anno? In parte lo sapete, se mi avete seguito nei deliri del lunedì: viaggi di lavoro; sbronze epiche; chilometri macinati in piscina; ragazze conosciute e poi mai richiamate, ragazze chiamate e da cui non ho mai ricevuto risposta; nuove amicizie; libri che mi hanno fatto sognare, incazzare, riflettere; musica ascoltata, suonata e pensata; buoni propositi rimasti chiusi nel cassetto; soldi inutilmente sperperati; stupidamente; risate, pianti, gioie, delusioni, felicità fugaci e dolori che ancora mi accompagnano. La lista è piuttosto lunga, ma non voglio tediarvi più del dovuto. Qualcuno non c’è più. Si dice che così è la vita, ma in questo non ci trovo nulla di consolatorio. Si dice che il tempo sia il rimedio, ma io invece lo considero il più feroce serial killer di sempre. Il tempo ci seppellirà tutti e invece di stare tanto a capire il come e il perché facciamolo giudicare da un tribunale internazionale. Niente attenuanti. E io? Sono cambiato? Difficile rispondere. Probabilmente sì, ma non saprei in cosa. Più pessimista, può essere. Ho perso fiducia in molte cose e a volte mi sembra che nulla, di quello che viviamo, rimanga, ma scivoli via, come quando prendete della sabbia nella mano e i granelli incominciano a uscire, uno a uno, poi tutti insieme, fino a quando non rimane più niente. Per il resto, mi sento il solito idiota di sempre. Proprio oggi, poco prima di uscire di casa, mi ha chiamato mia nonna. “E allora, quando te la trovi una fidanzata?”. Già, quando? Ma la fidanzata non è un obbligo. Crescendo, poi, sono diventato molto più selettivo. A volte penso che sarà più facile raggiungere la pace in Medio Oriente. Certo, ogni tanto mi sento solo e mi piacerebbe avere in casa qualcuno con cui parlare. Penso che mi comprerò un pappagallo, almeno non soffre della sindrome dei piedi ibernati. E poi? E poi, domani è un altro giorno, un altro giorno che finirà e poi domani sarà un altro e così via. Intanto, continuo a sognare a occhi aperti e mi domando ancora cosa farò da grande. Già, ma quando si diventa grandi? Forse quando smetterò di farmi questa domanda, anche se è più probabile che, quel giorno, non sarò grande, ma solo un vecchio dentro a una bara. Strano, per uno che pensava una volta di essere immortale, invece ha poi scoperto che di immortale, a questo mondo, c’è solo Silvio. Tutto sommato, nonostante il mio pessimismo cosmico, amo la vita, e preferisco essere vivo che morto anche se ammetto che, da morto, hai alcuni vantaggi, come smettere di pagare le tasse e non essere assillato dai programmi della De Filippi. Io, per esempio, adoro fare colazione e da morto questo sembra sia molto più complicato. So che è una cosa stupida, ma la mattina, quando mi alzo, sono contento perché so che in dieci minuti mi siederò davanti a una bella tazza di latte e cornflakes, fette biscottate, marmellata e deliziosi biscotti di burro con cioccolato belga. E in quel momento sono felice. E allora, che cos’è la felicità? Dove si trova il senso della vita? Non lo so, forse in un biscotto al burro e scaglie di cioccolato o, come diceva il filosofo Bertrand Russell, nel fatto di andare due volte al giorno di corpo, con regolarità. Non pensavo di essere tanto felice! Insomma, godiamoci la nostra finitezza e godiamocela infinite volte. Intanto, voi godetevi il fatto che anche questo post è giunto alla sua fine. Mi spiace avervi deluso, vi aspettavate qualcosa di più ameno. Be’, oggi ne ho fatto a meno, ma vi prometto che da lunedì prossimo proverò di nuovo a strapparvi qualche sorriso. Vi lascio con una poesia molto bella di un autore che io amo particolarmente. L’autore è mio papà e la poesia è scritta in occasione del mio compleanno come ormai, da consuetudine, fa da una vita. Buona settimana a tutti!

Il Vento


Il vento soffia via il mese di
agosto; finisce presto l’affanno
con piccole trombette un lunedì
a mezze tinte da Capo d’Anno

Echeggia settembre con temperati
miti modi il vento del deserto
che brusco porge agli antenati
i corni del dilemma aperto

fra essere e apparire: sfinge
turbinante, fenomenale
che il clima fresco non restringe

a pura idea essenziale.
Solo con alfabeto che Mem comprime
fra Alef e Tav il soffio esprime.

אמת Emet

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