lunedì 23 luglio 2012

Accento, allora? A cento all'ora?


Ultimamente non scrivo. Fisso il computer, cerco di farmi venire qualche idea e l'unica cosa che riesco a fare è fissare ebete lo schermo, cosa per cui ho un talento naturale. Sono spossato. Cerebralmente piatto. Privo di ispirazione. In realtà, di cose da raccontare ne avrei, ma ho bisogno di un'esorcista creativo che mi liberi dalla pigrizia domenicale. L'io, l'es, il Super io e il divano, non più mero oggetto inanimato adibito all'utilizzo del telecomando ma oramai vera e propria istanza psichica meritevole di approfondita analisi. Dopo settimane di duri allenamento, sono finalmente riuscito ad aumentare la mia forza di volontà. Così, ho deciso che era giunto il momento di ricominciare a battere sui tasti e sbarazzarsi di un po' di quel flusso di parole che mi ammorba la vacua esistenza.


Saranno le quattro del mattino. O le cinque. Forse le cinque e mezza, se si considera la curvatura dello spaziotempo causata, come teorizza la relatività generale, da ingenti quantità di alcol. A passo lento e instabile mi infilo nel primo taxi disponibile.

'Brahmsstrasse, bitte', sfoggiando un tedesco che i crucchi celebrerebbero con un Requiem in memoria di quella che fu la loro lingua. Il tassista si volta:

'Parli italiano?'

Accento traditore. Mimesi fallita. La dieta a base di Bratwurst non ha dato i frutti sperati. L'accento è il primo localizzatore dell'umanità, ben prima del GPS, di Google Maps o Facebook. L'accento parla per noi. Dice da dove veniamo. Grammaticalmente, localizza lo spostamento semantico: calamita e calamità; òmero e Omèro; àncora e ancóra. Come l'apostrofo, che senza apostrofo diventa Lapostrofo. Pare un nome: Lapostrofo Elkann, in versione sgrammaticata, inversione di senso. L'ago di Zurigo. Paranormale. Tromba Daria. Beata lei. Il mattino ha loro in bocca. Tragico. Destate l'apostrofo. D'estate. Sbalorditivo. E mentre i miei neuroni vagano alla deriva del non senso, continuo la conversazione con colui che, spero, mi porterà a casa sano e salvo.

'Sì. Sono italiano', espresso con un certo pathos nazionalistico.
'Anche io'
'Di dove sei?'
'Sono nato qui, ma mia madre è di Lecce e mio padre è di Salerno'

Sbadiglio. Le informazioni geografiche mi hanno sempre annoiato terribilmente. Poi, le solite chiacchiere di circostanza sul tempo, sulla qualità e il costo della vita di Zurigo.

'Anni fa', racconta, 'andai giù a Lecce con la mia nuova Punto turbo. I miei amici mi chiesero quanto guadagnavo. Al tempo credo fossero all'incirca sei milioni delle vecchie lire. "Cazzo", mi dissero, "con tutti i soldi che guadagni solo questa macchina di merda ti sei comprato?!" '.

Grazie a questo aneddoto memorabile, il tassista è riuscito a sbagliare strada, ma almeno ha la decenza di scusarsi e fermare il tassametro. Giunto a destinazione, pago e saluto, mentre lui, dominato da logorrea ossessivo compulsiva, mi delizia narrandomi di quella volta che, proprio in Brahmsstrasse, accompagnò due lesbiche che iniziarono a baciarsi e a toccarsi e lui era tutto eccitato e io intanto chiudo la porta, faccio ciao ciao con la mano e mi avvio a casa.

Mentre mi ingozzo di grissini, rifletto sul dialogo semi surreale di prima. E sì, avevano ragione i suoi amici, la Punto turbo è proprio una macchina di merda. Buona settimana a tutti. E buone vacanze, davvero.

p.s: sì, lo so, non è un gran post, ma avevo voglia di scrivere. A settembre, magari, proverò a raccontare della mia vacanza a Bali e di come in tre settimane non sarò stato in grado di cavalcare nemmeno un'onda. D'altronde, io surfo su internet.

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