lunedì 10 maggio 2010

La sfinge che finge: dalla girellite alla teoria dei giochi - parte seconda

Von Neumann. Non credo che nessuno abbia mai iniziato un post così. Von Neumann. Mi piace il suono che sento quando lo pronuncio. Von Neumann. Ricordo a tutte le menti sopraffine che leggeranno il pezzo – mi includo, visto che quando rileggerò questa seconda parte, probabilmente nel tardo pomeriggio domenicale, la mia memoria soffrirà di estese perdite di dati causa sbronza del giorno dopo, perciò ribadire il concetto è sempre un esercizio di indubbia utilità – che non sto parlando di una malattia incurabile, ma del grande genio matematico e informatico ungherese del secolo scorso. Fu proprio lui, insieme a Oskar Morgenstern, a pubblicare – credo a Princeton –Theory of Games and Economic Behavior. La teoria dei giochi. In parole povere e capibili anche per un tronista, è il tentativo di analizzare dal punto di vista matematico il comportamento umano in quelle situazioni di interazione nella quali, in genere, c’è una posta in gioco e le decisioni di ogni ‘giocatore’ sono influenzate da quelle degli altri. Ci sono, poi, giochi cooperativi e giochi non cooperativi. A me interessa in particolare il secondo caso e la sua applicazione più famosa, il dilemma del prigioniero. Ovvero, due criminali vengono arrestati, confessare o non confessare? Secondo il teorema di Nash – il matematico di “A beautiful mind” - , il migliore equilibrio è dato dalla confessione di entrambi. Secondo Pareto, l’economista italiano, la migliore soluzione è data dalla non confessione dei due criminali, il che, però, non conduce a un equilibrio. Cosa succede, infatti, nel caso uno dei due sospetti che l’altro non manterrà la promessa di non confessare? Scusate, datemi qualche secondo per aspirare i miei calzini e trovare la forza necessaria per andare avanti. Ora, come dicevo, quando ti trovi davanti a un seno così… ah, no, scusate, devo aver confuso post. Peccato. Cosa c’entra tutto ciò con le sfingi? Non ne ho idea, però le tre mummie svizzere, guarda caso, si sono frapposte tra me e la Barbie bionica. La stanno puntando. Tutte e tre. E, siatene sicuri, staranno parlando di qualsiasi argomento – il collasso economico della Grecia (e questo sarebbe sorprendente, visto che i fatti raccontati si riferiscono a quasi un mese fa), la musica seriale, cosa cazzo vuol dire supercalifragilistichespiralidoso, il problema delle risorse idriche e quello ancora più grave dell’eiaculazione precoce–, qualsiasi, tranne uno: lei. La preda da attirare con le pupille spermatiche. La bambola sessuale con cui condividere i migliori cinque minuti della loro vita. Infatti, non possono parlarne. La puntano, ma fanno finta che non interessi a nessuno e sbrodolano parole di circostanza. Ed è qui che la teoria dei giochi ci viene in nostro aiuto. Ci vorrebbe una matrice – si può ridurre tutto a una matrice a due - , ma mi mancano la voglia e le capacità intellettuali. Comunque, se uno di loro accennasse al fatto di essere interessato alla pupa da sballo, scatterebbe subito un campanello dall’allarme negli altri due. Come sapete, l’azione predatoria, nella sfinge, è limitata allo sguardo. Magnetico, almeno secondo la sfinge. Ogni altro approccio è evitato di default. Il problema è cosa fanno gli altri due: uno confessa, l’altro no; tutti e due confessano; non confessa nessuno dei due. Quindi, nessuno confessa, non succede niente. Se tutti e tre ammettono la loro debolezza, scatta lo sguardo assassino. La bionda, naturalmente, sentendosi osservata da tre maniaci, se ne va. Sembra la perfetta situazione di equilibrio. C’è da dire che la sfinge non ottiene mai il risultato, è tutta una questione psicologica interna al suo cervello mummificato. Potrei continuare, ma non ci capisco più niente. Vi consiglio, se volete saperne di più – la teoria dei giochi - una lettura di uno degli autori citati prima. Se invece siete interessati alla sfinge e il vostro cervello è stato bollito in un pentolone con patate e carote da una tribù di cannibali, allora vi consiglio di continuare a immergervi nella vacuità demenziale dei miei post.

Avevamo lasciato L di L&L alle prese con la girellite. L’altro L di L&L alle prese con i tagliafuori. Il sottoscritto alle prese con… un cuba libre. Fallo girare, dai David fallo girare, fallo giraaare, dai David fallo giraaare! Il guppo si ricompatta. Mr. X, sempre più pazzo, cammina sul soffitto - spider pig, spider pig -, salta, rotola, scompare dentro al seno di qualcuna. O qualcuno, non so. Noi conquistiamo terreno. Spazio vitale. Ci dimeniamo come tarantolati. L’alcol e la musica sparata a mitragliate di decibel ci procura una lobotomia istantanea. Sorridi e il mondo ti sorride. E lì, in quel preciso istante, ci accorgiamo della presenza di una nuova tipologia di sfinge, ancora più inquietante: la sfinge osmotica.

Che cos’è l’osmosi? Cito da Wikipedia: “Il termine osmosi indica la diffusione del solvente attraverso una membrana semipermeabile dal compartimento a maggior potenziale idrico (concentrazione minore di soluto) verso il compartimento a minor potenziale idrico (concentrazione maggiore di soluto), quindi secondo il gradiente di concentrazione.”. Chiaro? Be’, la sfinge osmotica funziona pressappoco allo stesso modo. Prima di tutto, individua la ragazza da puntare – a me gli occhi. Poi, una posizione in cui stabilirsi. Sia chiaro, non una posizione qualunque. Il bel tenebroso fighetto dei Grigioni va alla ricerca di un individuo o di un gruppo di individui che ritiene particolarmente brillanti. In questo caso la parola ‘brillante’ significa che la persona in questione non deve ricorrere all’ipnosi per conquistare la donzelletta, è dotato di una certa parlantina assassina e ha un grado di molestia che in genere viene misurato con la scala Richter. Inutile dirvi che, da queste parti, ‘brillante’ è spesso sinonimo di italiano. Non parlo di me, perché se no userei la parola genio supremo dell’universo. Dovrei ricordarlo a mia madre che ogni tanto mi epiteta con un sonoro ‘coglione’. Ma deve essere un affettuoso sinonimo, ne sono certo. Insomma, la sfinge osmotica si avvicina lentamente alla fucina di talenti ormonali e, quando ritiene di avere raggiunto la distanza minima necessaria per assorbire la giusta dose di testosterone canalizzata, si ferma. Immobile. Da quel momento in poi diventa la tua ombra. Si muove come te. Parla come te, solo con accento tedesco. Diventa più te di te. Sempre alla distanza minima necessaria. Che significa circa una decina di centimetri dietro o a lato. Inquietante. Il problema è che non può allontanarsi dalla zona. Se lo fa, diventa di nuovo una sfinge qualunque. Allora rimane lì, dove ti trovi. Ti segue. È un potenziale conquistatore, ma lo rimane in quel concetto tanto caro ad Aristotele. In pratica, continua a fissare la sventola da lontano come una moderna Medusa pietrificatrice. È un cane che si mangia la coda. L’eterno ritorno di se stesso. La sfinge intrappolata per sempre nel suo quesito. Fino alla chiusura del locale, quando le luci si accendono e non rimane che l’ultima sigaretta da fumare prima di infilarsi in un taxi e fare ritorno alla propria dimora, accompagnati dalla malinconica sensazione che lo struggente desiderio di fermare l’attimo e rendere eterno quell’istante, inevitabilmente, ti lascia, perché l’adesso è già passato e domani, come sempre, è un altro giorno. E io? Io vago senza meta per le silenziose vie di Zurigo, cercando il senso della vita e, soprattutto, la strada di casa. Nel tumultuoso vortice, L di L&L non si è accorto e ha fatto girare pure me. E sì, ho la girellite. Buona settimana a tutti!


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