lunedì 11 ottobre 2010

L'insostenibile leggerezza dell'etere

Lo sappiamo, sottile è la linea che separa la vita dalla morte. Un colpo di sonno mentre si guida a fari spenti nella notte. Flirtare con la ragazza di quell’australopithecus gigantesco che si esprime solo a monosillabi e a colpi di mazza ferrata. Citofonare la domenica mattina per portare la parola di Geova. La nostra esistenza è appesa a un filo e se il filo si spezza, ci sfracelliamo al suolo e dopo non potremo mai più pronunciare parole come supercalifragilistichespiralidoso, sternocledomastoideo e precipitevolissimevolmente. Ne sa qualcosa una donna di Avion, piccolo paese del nord della Francia, che qualche giorno fa... Ma andiamo con ordine. Davanti al computer, do un’occhiata alla versione online francese di 20 minuten. Ci tengo a essere informato sul nuovo calendario sexy delle contadine svizzere e ai morbosi casi di cronaca nera che appestano il paese. Infatti il giornale è lungo due righe e mezzo. Comunque, la mia attenzione è fagocitata da un titolo che si insinua nel mio labile cervello come un imperativo categorico. Devo leggere l’articolo. Siamo ad Avion, che Wikipedia dice trattarsi di “un comune francese di 18.298 abitanti situato nel dipartimento del Passo di Calais nella regione del Nord-Passo di Calais.”. E basta. Non deve essere molto eccitante vivere ad Avion: qualche voilà, un po’ di parbleu e tutti a seguire Second chance su TF1. E quando l’oscurità cala su Avion, be’, non succede niente. Si va a letto. E infatti il dramma di cui voglio raccontarvi si svolge tutto all’interno di una camera da letto. Lui e lei. Lui me lo immagino sulla cinquantina, un pancione irsuto dedito a quella nobile arte che è lo sfregamento delle gonadi. Utilizzare però luoghi comuni per agire sull’immaginario collettivo è tristemente banale. Diciamo che lui è un intellettuale che, vestito di tutto punto con il suo pigiama di seta se ne sta da una decina di minuti comodamente sdraiato a leggere la proustiana À la recherche du temps perdu. Ha quasi finito una frase. Lei, accanto, cerca di dormire sfinita dopo una intensa giornata passata a studiare L’arte della fuga di Bach. Una coppia come tante altre. Forse nottambula visto che 20 minuten riferisce che erano circa le 5 del mattino, ma il post è il mio e ci scrivo quello che voglio. All’improvviso, la pace coniugale viene minata da un evento a dir poco terribile. L’uomo emette una flatulenza dall’odore particolarmente nauseante. In gergo tecnico, una loffa: silenziosa e micidiale. Non resta che la fuga. Ora, io ritengo che chi produce gas di tale nocività senza almeno avvertire e concedere ai presenti una possibilità di sopravvivenza dovrebbe essere perseguibile penalmente. Ve lo dice uno che sul volo di ritorno da Istanbul, lo scorso capodanno, fu sottoposto dal vicino areofagitico a questa tortura per tutta la durata del viaggio. Quattro ore di allucinazioni visouditive. Perciò, ben capiamo la moglie che, asfissiata, fa quello che tutti noi avremmo fatto: si allontana dal luogo mefitico e spalanca la finestra, prendendo grandi boccate di aria e decontaminando l’area. Il problema è che il marito non la prende affatto bene. Anzi, la prende come un’offesa. Forse era la loffa perfetta. Non essendo riuscito a eliminare la consorte con questa tecnica fatale, decide di portare avanti l’intento criminale strangolandola direttamente. Ma non abbastanza. Insomma, tragedia sfiorata ma evitata e, come scriveva Shakespeare, tutto è bene quel che finisce bene. La notizia mi ha fatto tornare in mente, e non chiedetemi perché, il tizio che l’altra sera, nello spogliatoio della piscina, inondava le sue ascelle con uno tsunami di deodorante. Niente di male, ci mancherebbe, vorrei solo capire perché lo facesse prima di entrare in acqua. Buona settimana a tutti!

p.s: per chi non lo sapesse, Avion, in francese, significa aereo. Piuttosto azzeccato con il protagonista di questo post. Post anche loro, in fondo, aerei, eterei, impalpabili e che svaniscono alla prima finestra spalancata.

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