lunedì 25 ottobre 2010

Ciao, sono Tina, Nico Tina e brucio di passione ovvero la vita a Zurigo, l'amore e le vacche di Hegel


Ah, il mio ficino rumorossso!”

Questa è l’accoglienza che mi riserva, con quell’inconfondibile accento così difficile da riprodurre sulla carta e che mi fa sempre sbellicare dalle risate – non di meno, un italiano perfetto che mi fa vergognare del mio tedesco sbiascicato -, il mio vicino di casa, quello che abita sotto di me e che si innervosisce quando suono il piano con le cuffie e, percuotendo i tasti, provoco delle vibrazioni che si propagano nel parquet, si insinuano nel soffitto sottostante e, per la nota legge della palla di neve che rotola giù per il pendio nevoso, giungono alle sue orecchie così amplificate da poter essere scambiate per l’intera sezione ritmica di un concerto dei Sepultura. Abbozzo un sorriso e mi infilo in bocca una tartina enorme che mi tiene occupato per qualche minuto. La festa, però, è degli altri vicini, quelli della porta accanto che, dopo una lunga permanenza di 7 anni, hanno deciso di trasferirisi ad Argau, o qualcosa del genere, allegro paesotto di 600 anime a una mezz’ora di treno da Zurigo. Lui, E., irlandese di razza, non pare tuttavia particolarmente eccitato di trascorrere il resto della sua vita in un posto in cui sanno quante volti caghi durante il giorno e si consola scolando una birra dietro l’altra - il fatto che io volessi presentarmi con un paio di birre come gesto di ospitalità denota chiaramente, a parte le dotte nozioni apprese dai Padani con fazzoletto verde, la mia ignoranza sulla natura della stirpe celtica: nel balcone sono stipate casse su casse di birra. Sarebbero troppe anche per Argau. K e io non abbiamo niente per cui consolarci ma decidiamo di tenergli compagnia in questa staffetta alcolica e nicotinica che si protrae per alcune ore. Vi riassumo brevemente gli accadimenti per evitare di richiedere alla vostra attenzione, catalizzata ogni due minuti dagli status di Facebook, uno sforzo sovraumano. Ecco cosa è successo in quell’arco temporale compreso tra le otto di sera e mezzanotte circa:


  1. Bevuto una discreta quantità di birra

  2. Fumato una discreta quantità di sigarette

  3. Parlato per la prima volta con una coppia di svizzeri. Svizzeri veri. Non ho ancora scoperto il senso della vita, ma ora sicuramente so cosa non è

  4. Individuato la ragazza più carina ma, a parte chiacchiere di circostanza e grazie ai punti 1 e 2 che hanno il potere di rendere i tuoi discorsi una somma sgangherata di frasi senza senso, la cosa è finita lì

  5. Congelato. Letteralmente. Nessuno mi aveva avvertito che l’inverno a Zurigo iniziava a metà ottobre. Dopo quattro ore passate sul balcone in maglietta e gilet il dottore ha constato il rigor mortis. Qualcuno a un certo punto deve avermi appeso addosso anche la giacca

Verso mezzanotte e mezza ci tocca salutare la ciurma perchè per altri mari dobbiamo navigare. Infatti, a dieci minuti di tram, in quel posto esotico chiamato Valman, ci aspetta L di L&L. E anche l’altro. Mandate a letto i bambini.

Il locale è già gremito. Ordiniamo due cuba libre. Il tempo di servircelo ed ecco comparire dal nulla, in successione:




  1. L di L&L

  2. L di L&L, l’altro

  3. M, quello del mal di piedi, in compagnia di due ragazze. La prima è l’amore della sua vita. O almeno, così vorrebbe lei, giovane ma neanche tanto sciampista di Schaffausen. Ora si dice assistente parrucchiere, ma la sostanza non cambia: me la immagino, lì, sotto le cascate, mentre la forza delle acque si abbatte sulla chioma della cliente portando via tutta quella meravigliosa schiuma, duro frutto delle sue laboriose mani. La natura è crudele. L’altra, l’amica, uscita dal pennello di un cattivo pittore, è un pessimo ritratto di ragazza. Qualcuno potrebbe definirla una cozza, ma ho troppo rispetto per le cozze per azzardarmi a paragoni così arditi. In compenso è simpatica. Se tace.


Il numero di bicchieri e brindisi si moltiplica vorticosamente, mentre le nostre menti, piano piano, si offuscano. Prima che le tenebre calino sulle mie sinapsi e sopraggiunga la notte nera in cui tutte le vacche sono nere – e devo dire che mai citazione fu più azzeccata di questa –, decido di esibirmi in una girellite improvvisata. Individuata la preda, allungo il braccio e cerco di afferrarle il metacarpo. Lei sfugge alla presa, schifata. E in quel momento succede qualcosa che non mi sarei mai immaginato: la fanciulla, sotto gli influssi di una bizzarra maieutica, compie due giri su se stessa. Sto assistendo al primo caso di girellite elettrolitica, ovvero al processo mediante il quale l’elettricità contenuta nel mio corpo si abbatte su quello più armonioso della cavia che, una volto scomposto nei suoi elementi costitutivi, produce una reazione chimica che culmina in una girellite primordiale e autoreferenziale. Per un istante mi sento come Dio davanti a un balbuziente Mosè elvetico: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra di Valman, dalla casa degli schiavi. Non avrai altro Dio all'infuori di me e non pronuncerai mai invano la parola ‘Assolutamente sì’”. Non appena mi riprendo dallo stato di onnipotenza, mi accorgo di essere ubriaco ma non ci faccio più di tanto caso, la normalità mi fa sbadigliare. E giunge l'ora che volge il disio ai navicanti e 'ntenerisce il core. Tutti allo Zukufnt tranne le due signorine – di cui ce ne infischiami, non avendo nessun ruolo in questo post – che preferiscono l’apparire all’essere (ubriachi) e si involano per lidi più convenzionali e noiosamente svizzeri. Prima di salire in taxi, spettacolo improvvisato di L di L&L – lui o l’altro? –che, con una tovaglia rubata da non si sa dove, si lancia in un’improbabile imitazione di Antonio Rezza. Una volta tributatogli i giusti applausi, ci facciamo portare a Helvetia Platz perché i portafogli necessitano di rifornimento. Fortuna che ho sempre dietro i passamontagna. Intermezzo giocoso con sottofondo musicale raveliano Jeaux d’eau: io che innaffio L di L&L alla fontana e lui che, pochi minuti dopo, ispirato da una musa non particolarmente sagace, se ne va in giro trasportando un carrello colmo di bottiglie di plastiche pronte per il riciclo. E io che pensavo che in Svizzera si riciclasse solo il denaro. Mancano pochi metri alla nostra Mecca dei divertimenti, ma le sorprese non sono ancora finite: L di L&L, colpito da Boltite fulminante e senza neanche aspettare lo start, scatta e cercando di battere il record mondiale dei 100 metri entra nel Kiosk – versione elvetica dei nostri tabaccai – arriva al bancone, si ferma, si volta ed esce camminando con nonchalance. La persona alla cassa, pietrificata, mostra un’espressione di stupore misto a terrore che scomparirà dal suo volto solo dopo una settimana. È ancora lì a chiedersi il significato della misteriosa apparizione: un cliente insoddisfatto? Un rapinatore estroverso? Un folle che protesta contro il caro prezzo delle sigarette? E mentre il dubbio attanaglia la mente del negoziante, noi siamo al bar dello Zukunft impegnati in una serie massimale di cuba libre. Intanto qualcuno fa conoscenza con un gruppetto di sudamericane discretamente carine. Una di loro cerca di farsi offrire da bere da K che, con garbato tatto, la manda a quel paese. Prego, in fondo a destra. L di L&L, non so se l’uno o l’altro, coglie l’occasione al volo e, con ardore italico, ordina sei shot di Jagermaister. Io, nel frattempo, vago senza meta per la pista e mi fermo solo quando mi convinco di poter essere in grado di coordinare i miei movimenti con il ritmo della musica elettronica sparata a tutto volume . Convinzione, ahimè, che si infrange subito alla prova dei fatti. Il risultato è più o meno quello che si osserva su un essere umano colpito in pieno da un fulmine. Le ore passano, i miei sensi si ottundono. Una ragazza mi si avvicina.

“Esco a fumare una sigaretta!”

Le do la mia approvazione e le consiglio anche di non esagerare perché è risaputo che fumare fa male. Essendo oramai un infuso di alcol, nemmeno mi domando come mai una ragazza che non ho mai visto nella mia vita senta il bisogno di comunicarmi la sua impellente necessità di aspirare nicotina. Si vede che chiedere il nome non si usa più. Quando torna, si lancia in una sfrenata lap dance di cui io sono il palo. Qualcosa, dentro di me, inizia ad animarsi e non sono i neuroni. Sorrido, ebete, in preda a fantasie sessuali indicibili. La realtà prende nuovamente il sopravvento: per quanto possa desiderare un lieto fine dove tutti vivono felici e contenti almeno per un paio d’ore, questo potrà avverarsi solo nel migliore dei mondi possibili, perché in questo, purtroppo, ho più rum che anima e il mio encefalogramma sessuale indica la cessazione di ogni attività. Sconsolato, mi allontano e, come i leoni quando intuiscono che il loro momento è giunto, raggiungo l’angolo più nascosto del locale e, faccia al muro, esaurisco le ultime energie in danze tribali dal profondo quanto oscuro significato rituale. Non ho più molti ricordi se non quello di una pista vuota, le luci accese, silenzio. Qualcosa dentro di me mi dice che è ora di tornare a casa.

Il giorno dopo, ancora a letto, in una stanza in penombra, fisso il soffitto e ripenso alle occasioni mancate della mia vita. A cosa sarebbe potuto succedere se quella volta avessi agito in modo diverso. Al bivio. E poi, dal nulla, ecco uscire fuori la voce di Enrico Ruggeri che mi dice “Per me è un no”. Eh no, Enrico, dai, hai sbagliato programma! Buona settimana a tutti!

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