domenica 13 febbraio 2011

Il demone e l'indemoniata

Quando vedo L di L&L venirmi incontro – Lord-enzo –, so già quello che mi aspetta. Lo so perché è venerdì sera. Lo so perché sono a Londra. Lo so perché uno degli invitati alla cena di L&L è Mr X, raggiungibile sempre e dovunque al +666. L’appartamento londinese di L di L&L è molto simile al precedente zurighese, eccezion fatta per gli ancestrali graffiti sul muro della camera da letto che costituivano una delle principali attrazioni elvetiche. I libri accatastati di fianco al divano sono il segno di un recente trasloco. Al desco sono attesi, oltre al padrone di casa, al biondo satanasso e al sottoscritto, tale V., avvocato con una storia alle spalle di maestro di sci a Sankt Moritz, una ragazza di Milano e, per far felici tutti, una di Roma.

Il primo a presentarsi, puntualmente, alle otto e qualcosa, è V, fiorentino trapiantato a Milano, spostato a Sankt Moritz, spedito a New York e ricevuto impacchettato a Londra. Mi presento. Lui mi guarda e...

“Ci conosciamo già?”. La domanda mi getta nel terrore. In effetti, la sua faccia non mi è nuova. Seguage del metodo socratico della maieutica, brachilogico quello che basta, in poche decine di minuti raggiungo la carrambata perfetta con tanto di Carrà starnazzante. Sì, ci conosciamo. Sì, il mondo è piccolo. E sì, non ci sono più le mezze stagioni, ma se fossero state così importanti, Vivaldi ci avrebbe scritto su un altra serie di concerti. Intanto suona il citofono. Sento gridare le anime dei dannati. La porta si apre ed eccolo: dentro al suo lungo cappotto di cachemire umano, la versione moderna di Belzebù. Privo come sempre di ogni pudore, ci mostra un messaggio che ha ricevuto poco prima da una misteriosa lei: “È ancora valido l’invito per andare fuori a bere qualcosa?”. Stiamo parlando di un invito di due settimane prima. La sua risposta non si fa attendere: “Ciao, non mi ricordo di te, ma sono sicuro che se sono venuto a conoscerti devi essere per forza una gran bella ragazza”. E con l’espressione di quello che l’ha combinata grossa, esce a fumare sul balcone e si mette a messaggiare una escort. Ah, l’amore! Nel frattempo, L di L&L inizia a preparare la cena. Si incomincia con delle bruschette con avocado. Forse anche del formaggio, ma non ricordo esttamente. Stappiamo una bottiglia di rosso. Tra un brindisi e l’altro, si sono fatte le 10 meno un quarto, ma delle due ragazze – in ritardo di un quarto d’ora – nessuna notizia. Tic tac, tic tac, girano le lancette, ma delle due ragazze nessuna notizia. Ci accomodiamo a tavola e allettiamo le nostre fauci con prelibate mozzarelle di bufala, pomodorini e dell’ottimo vino portoghese. Tic tac, tic tac, girano le lancette, ma delle due ragazze nessuna notizia, e siccome sono le dieci e mezza passate, a furor di popolo decidiamo di buttare la pasta. E arriva la chiamata. Scuse di circostanza poco chiare. Insomma, non vengono. Peccato, perché Mr X aveva in mente, nel bel mezzo della cena, di aggrovigliarsi alla gamba di una delle due – la milanese, una ragazza che, a quanto mi è stato riferito, eccede in umiltà, ed è per questo che a volte le capita di ricordare, en passant, che lei ha conseguito un paio di master. Un paio. Non si sa bene in cosa. Ma un paio –e strusciarvisi sopra come fa un cane in presenza di cuscini. Lo ammetto, è un pazzo, ma è davvero esilarante. Se i vostri canoni morali sono quelli del marchese De Sade. Una volta chiusa la pratica delle due cafone, siamo pronti all’attacco del vassoio ripieno di pasta fumante. Ciarliamo spensierati, di quella spensieratezza che vorresti durasse per sempre. L’immortalità non è la nostra più grande illusione? Oh, quanto è bella giovinezza che si fugge tuttavia, del diman non c’è certezza. E allora, divertiamoci, e anche tanto – Samuel Butler diceva che il mondo, più che per essere conservato, è fatto per essere goduto. E quale più grande goduria c’è, a fine pasto, dopo esserci scolati una bottiglia di vino a testa, di riempire i nostri calici con dell’ottima vodka inaffiata con un po’ di redbull? Spensierati, ragazzi, spensierati. Con questa spensieratezza alticcia usciamo e ci infiliamo dentro al primo taxi che riusciamo a fermare. Una mia amica mi manda un messaggio. È con alcune persone in un club di Soho e mi chiede di raggiungerla. Seee... Rispondo che sto andando da Nozomi – bar e ristorante giapponese con la puzza sotto il naso in Knightsbridge, frequentato da calciatori e menti affini e che di nipponico ha forse solo qualche macchina parcheggiata lì nella zona –. Se vuole, mi trova lì. Mi dice che arriva. Neanche il tempo di varcare la soglia del locale e mi ritrovo con un cuba libre tra le mani, mentre Mr X, che lì è di casa, intraprende una serie infinita di salamelecchi – presentandoci tra l’altro una bella ragazza che ci allunga il braccio e posiziona il carpo in modalità baciamano, procurandoci un istantaneo shock anafilattico da snobismo – e tenta il numero dell’aggrovigliamento e dello struscio sulle gambe di chiunque si aggiri nei paraggi. Ridiamo molto, fino a quando non si incolla alle nostre, di gambe. Poi lo lanciamo all’attacco di una colonna, sulla quale si trastulla anche con un certo trasporto. Intanto un nero di due metri con la faccia di P Diddy ma l’espressione ancora più ebete – e ce ne vuole –, grande tifoso del Chelsea, mi rompe le palle sul Milan per un quarto d’oro mentre la mia concentrazione in quel momento è tutta focalizzata su un paio di coppe dei campioni che una signorina poco più in là espone con orgoglio. Non so come, ma viene accompagnato all’uscita da uno dei premi pulitzer che abbaiano davanti alla porta. Il mistero più grande è come riesca a rientrare cinque minuti più tardi ma si sa, per alcune persone, neri e gialli, tutti uguali sono. L’energumeno avrà pensato che si trattava sicuramente di un’altra persona. Il problema è che Jimmy, ribattezzato così da noi per motivi del tutto ignoti e che verranno analizzati al più presto durante una delle puntate di Voyager, non ce lo riusciamo più a levare dei piedi. E dopo mezz’ora che nessuno gli rivolge più la parola, qualcosa dovresti riuscire a intuire, a meno che il tuo cervello non sia stato ultimamente infilato per sbaglio dentro a un forno a microonde e successivamente frullato con un paio di banane. Ancora indecisi sul da farsi, usciamo a fumarci una sigaretta. Pure Jimmy, anche se non fuma. Tra un’aspirata nicotinica e l’altra facciamo conoscenza di Anastasia, banker russa con i lineamenti da modella che versa lacrime amare sopra la sua tragica vita di ricca annoiata del venerdì sera: lei vorrebbe andare a ballare, ma le amiche pare siano intenzionate ad andare a casa. Certa gente è di una crudeltà inumana. Noi, ragazzi dal cuore d’oro e di nobili intenti, le facciamo una proposta che non potrà rifutare. Lei ci pensa su e mentre il suo cervello si contorce sul da farsi, la carichiamo di peso dentro al primo taxi. Anche Jimmy cerca ospitalità ma noi, che siamo già in cinque, gli facciamo ciao ciao con la manina. Il povero Jimmy rimane lì, immobile, conscio che dovrà trascorrere tutta la notte in compagnia solo della sua imbarazzante espressione. Intanto avviso la mia amica dell’improvviso cambio di programma. Ci facciamo portare al Maddox, fighetta discoteca londinese nel cuore di Mayfair. Quando arriviamo davanti, veniamo accolti da un nero nerboruto – grande amico di Mr X nonostante quest’ultimo lo colpisca con un taser ogni volta che l’amichetto tira fuori un metro di mucosa linguale tentando di limonarlo pesante – parla come Platinette, ma in inglese. Entriamo e uno di noi non paga: indovinate chi? No, è la russa. Depositiamo le giacche, svuotiamo le vesciche e siamo pronti a buttarci in pista. Un’occhiata veloce e mi rendo conto di essere finito nella villa di Hugh Hefner. O almeno, così sembra, tant’è che il mio testosterone esplode e ne ritrovano alcuni residui al bancone del bar. Mi batto il petto come un gorilla, grugnisco come un cinghiale in calore e dico delle frasi prive di significato alle conigliette che mi girano intorno. Sul più bello, ricevo un messaggio. La mia amica. Fuori. Devo farla entrare. Mr X parla con Platinero. Platinero mi guarda e fa alcuni apprezzamenti.


“Fumi?”
“Sì”
“Peccato”.

Insomma... Alla fine, anche se il mio alito nicotinico gli castra ogni fantasia speleologica su di me, decide di venirmi incontro. Senza doppi sensi. Apre la porta e... la mia amica è lì. Ci sorride. È DA SOLA! E io ho già capito. La prendo per la mano e, più o meno come farebbe un primate di medie dimensioni, la trascino nella sala di sotto direttamente al bancone e senza passare dal via. Inizia la serie massimale di vodka red bull. Lei, con la camicetta mezza aperta, mi gira intorno sensualmente facendomi regredire allo stato di spermatozoo. Per cercare di riprendermi e raggiungere almeno la fase adolescenziale, semino le mie tracce e raggiungo L di L&L e V, incagliati nei pressi della procace slava, che subito afferro e faccio puntualmente turbinare, ottundendole i sensi. Certe tradizioni vanno rispettate. Sempre. Terminata la rotazione, me ne torno al bar. La fatica vale ben un bicchierino, diamine! E mentre ordino, vedo alla mia sinistra, sopra il cubo, la mia amica che si agita come una indemoniata e dietro di lei, avvinghiato come un polipo, Mr X. Quel ragazzo non posso lasciarlo solo neanche un secondo. Armato del mio vodka redbull che mi rende invincibile, mi appropinquo alla scena del misfatto e ristabilisco con ignoranza gli ordini gerarchici del maschio alfa dominante. Colpito da attacco di ansia ormonale, mi si prospetta l’incubo della profumiera, traditrice di milioni di virili speranze. Esorcizzo il timore parlandone con L di L&L, che però pare parteggi per la tesi di fondo. La teoria, con buona pace di Popper, viene falsificata pochi minuti dopo quando la mia amica decide di appiccicare la sua faccia alla mia, con tutto quello che ne consegue. Inutile che vi stia a raccontare il seguito, siete sicuramente dotati di buona immaginazione. Il giorno dopo è una corsa a non perdere l’aereo: torno a casa di L di L&L, che aveva già fatto un paio di telefonate a Scotland Yard, butto quello che c’è da buttare dentro la valigia, saluto, prendo un taxi, arrivo in stazione, mi precipito a fare il biglietto, mi infilo sull’Heathrow Express un minuto prima della partenza, arrivo in aeroporto, mi dirigo a razzo al check in, passo tutti i controlli, corro verso il terminal e... l’aereo è in ritardo. L’aereo della Swiss?!! Non ci sono più gli svizzeri di una volta, maledizione! Alle dieci di sera sono casa. Voi pensate che sia tutto finito e invece ricevo un messaggio. Di Mr X. Il diavolo è a Zurigo. Usciamo? Vedete, proprio come dice il proverbio, errare umano, perseverare è diabolico e fare due serate con Mr X è vietato dalla convenzione internazionale di Ginevra. Buona settimana a tutti!

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