lunedì 14 febbraio 2011

Viaggio al complemento termine della notte

A volte, durante una conversazione, ti capita di imbatterti non si sa come in un argomento che pensavi sepolto per sempre nel cassetto chiuso a chiave dei ricordi, quei ricordi polverosi che sembrano appartenere a un mondo ormai dimenticato.

Casa del farmacista. Quello più bello di Milano. Sempre secondo lui. Tra una fetta di salame e una forchettata di lasagna arroventata – da quella sera ho perso l’utilizzo di alcune consonanti. Pronunciare il mio codice fiscale, un’impresa ormai insormontabile – troviamo spazio per della sana favella. E di cosa favelliamo? Per esempio, del fatto che scrivere ‘di cosa favelliamo’ fa molto ridere, ma siccome le considerazioni metalinguistiche nei miei post mi rendono narcolettico, procediamo. Tedesco. Sì, proprio la lingua, quella prodotta dalle corde vocali di una nazione che affronta coraggiosamente i torridi meriggi estivi degli italici litorali sonnecchiando sotto ombrelloni perennemente aperti, le facce rubizze, i calzini bianchi ancora ai piedi e i sandali infilati nella sabbia. O forse questo sono io al ritorno da una serata? Tedesco. Sì, proprio la lingua che cerco invano di studiare da un anno e mezzo e che, per lo più, mi fa latrare come un Dobermann. Insomma, avete capito su cosa verte il discorso. Immaginatevi il grado di sollazzo. Perché disquisire sul tedesco non può essere divertente. C’è una regola esplicita del tedesco che lo vieta. È il quinto caso, dopo nominativo, genitivo, dativo e accusativo: nel caso si parli di tedesco, si deve essere il più noiosi possibili. Soporiferi. Non chiedetemi il perché, il per come o l’indirizzo esatto di Marte che ignoro, ma improvvisamente le nostre menti sopraffine si ritrovano impelagate in qualcosa che risveglia improvvisamente la nostra ottusità. Saranno le sigarette. Gli effluvi alcolici. L’aria viziata. Forse Daria viziata, che però io non conosco. La faccio breve: analisi logica della proposizione. E che cos’è l’ analisi logica della proposizione? Quella cosa che nessuno si ricorda quando abbia studiato. Alcuni sostengono alle elementari. Altri sono convinti alle medie. Qualcuno sostiene al liceo. Pochi, ammetto, all’università. Il farmacista ammette di non averla mai studiata e, gliene do atto, si vede. Prendiamo la seguente frase: ‘Ieri sera le due poppute conigliette di Playboy sono venute a letto con me’. Ora, a parte l’evidente dimensione ottativa dell’enunciato – le due conigliette continuano a messaggiarmi ma io, per il momento, sono irremovibile –, è possibile analizzare singolarmente i diversi elementi che compongono la frase.

Ieri sera: complemento di tempo determinato
le due poppute conigliette di Playboy: soggetto più grandi attributi
sono venute a letto con me: nessun coplemento ma sicuramente tanti complimenti

A grandi linee... Dal nulla, a rovinare la festa del sintagma, sopraggiunge una mefistofelica domanda: che cos’è il complemento di termine? Un adolescente brufoloso ci darebbe subito la risposta, ma non avendone uno a portata di mano, ci dobbiamo pavoneggiare solo con la nostra ignoranza. Il quesito ci lascia a lungo con delle espressioni meditabonde che mettono a dura prova le nostre mimiche facciali. Andiamo per esclusione. Non è il nome di una malattia. Non è un insulto, o per lo meno non è nato come tale. Non ha i baffi nè gli occhiali, quindi è Frans. Il metodo, però, ci pare eccessivamente lungo e tedioso. Inutile l’aiuto del pubblico. Tento la telefonata a casa, ma sbaglio numero e mi risponde Sara Tommasi: “Ti faccio escludere da Obama!”. Per il complemento di termine?! E lì, è arrivata l’illuminazione. L’eureka. Il bodhi. Everybodhi say yeah. Yeah! Leggete attentamente:

“Sara Tommasi è una ragazza altruista e generosa e la da a tutti”

Allora, il complemento di termine è quel ‘tutti’. Avete capito? No? Ve lo spiego meglio: in questo caso, sfortunatamente, non sarò mai un complemento di termine. Chiaro? Buona settimana a tutti!!!

Nessun commento: