lunedì 12 dicembre 2011

Ho bisogno di un momento per il momento del bisogno



La distanza che separa la mia scrivania in ufficio dal bagno è notevole. Incoraggia l'ipertrofia della vescica. In presenza dello stimolo, salivando come il cane di Pavlov, mi avventuro in un' eroica impresa oltre ogni limite umano, un viaggio avventuroso lungo infidi open space, corridoi senza orizzonte e porte che si spalancano su una realtà celata almeno otto ore al giorno, pausa pranzo esclusa. Giunto alla meta, posso finalmente liberare quell'istante troppo a lungo procrastinato. Quel momento. Il momento del bisogno. Dal punto di vista letterario, un argomento privo di ogni interesse. Ciò che mi affascina, invece, è osservare il comportamento umano o quasi che si può riscontrare durante la salutare pratica dell'abluzione.

Il sacerdote

L'individuo in questione inizia a lavarsi le mani non appena varca la soglia del bagno. Tutto è pervaso da un'aurea di sacro. Non ci si può avvicinare alla zona totemica senza prima essersi adeguatamente purificati. Quando il rito purificatorio è concluso, l'officiante si deterge nuovamente, evitando così il rischio di contaminare i comuni mortali, troppo fragili per un contatto ravvicinato con il divino.

Lo snob

Solo acqua. Per una sorta di idiosincrasia nei confronti del vile sapone da servizio pubblico, lo snob utilizza acqua, liscia e naturale, preferibilmente Evian. Tiene una distanza di sicurezza dall'erogatore di detergente che osserva con sguardo schifato. Se potesse, si porterebbe dietro la sua saponetta Nivea che rende la pelle morbida, vellutata e infonde alle falangi un'agilità sulla tastiera da computer fuori dalla norma.

Il dottor House

Si pone all'estremo opposto dello snob. Si insapona per circa cinque minuti mani e avambracci, fino a quando la sua epidermide scompare alla vista, ricoperta da un denso strato di schiuma. Altro non è che la meticolosa preparazione a un lungo intervento chirurgico: l'asportazione netta della pazienza di tutti coloro che attendono lo sgombero del lavabo, cosa che può avvenire in maniera coatta se tale attesa si prolunga eccessivamente. L'individuo è con probabilità affetto da disturbo compulsivo ossessivo causato, come direbbe Freud, da una madre castrante che, quando era ragazzino, lo obbligava a mangiare cavoletti di Bruxelles a merenda.

Il Narciso

Lavarsi le mani è solo un pretesto. Il Narciso, mentre l'acqua scorre impetuosa dal rubinetto, passa il tempo ad ammirarsi allo specchio. Alza un sopracciglio, si esamina la peluria nel naso, scruta i padiglioni auricolari, fissa la profondità dei suoi bulbi oculari e poi si sistema i capelli, cesellandoli come il più talentuoso degli scultori. Tale è la foga narcisista che, a volte, si dimentica di avere ancora la mani insaponate, contribuendo così alla inevitabile cementificazione della sua chioma.

Il rivoluzionario

Lavarsi le mani è una cosa da borghesi. Da aristocratici tromboni. Da ceto medio anestetizzato dalla televisione commerciale. Il rivoluzionario, in nome della lotta proletaria e della condivisione dei germi, le mani non se le lava mai. Il sapone è uno strumento nelle mani dei poteri forti, dei banchieri, delle lobby massone-giudaiche che, in nome di un capitalismo criminale, perpetua all'infinito l' olocausto dei batteri e reprime il popolo con il terrore dei virus. Braccio alzato e pugno chiuso perché, aperto, è discretamente lercio.

Il logorroico

Non appena la fotocellula entra in funzione e l'acqua inizia a defluire, il logorroico ubbidisce all'imperativo morale che risuona dentro di lui: parla. Così, il logorroico si protegge dal terrore dell'horror vacui diffondendo il verbo e lanciando fonemi privi di sostanza verso chiunque gli capiti a tiro: il tizio di fianco che si sta asciugando le mani - e che, come sappiamo, non è sicuramente il rivoluzionario -, quello dietro che, come un Pollock dell'orina, crea astrazioni artistiche sulla tela adibita a pisciatoio, i poveracci serrati nel gabinetto in cerca di ispirazione. Nessuno sfugge alla diarrea verbale del logorroico. Dal cesso all'eccesso ci sono solo poche lettere di differenza.

Lo spazzacanino

Per lui il lavacro è adibito a una sola funzione: lavarsi i denti. A qualsiasi ora del giorno. Lo vedi la mattina, che spazzola energicamente i molari. Due ore dopo, ricompare, per limare i canini. Nel pomeriggio lo ritrovi che massaggia le gengive. Operazioni capillari minuziosamente distribuite nell'arco della giornata. Non è un essere umano, è una protesi dentaria dotata di gambe e braccia. Spazzola, spazzola e spazzola. Quella bocca deve essere il deserto del tartaro. Un mondo polarizzato da dentifricio e spazzolino. Non ha tempo di lavarsi le mani. Deve spazzolare. Immagino che una persona, con dei denti così puliti, nella vita possa fare di tutto. L'ammaestratore di acari. Il suonatore di tromba delle scale. L’amministratore di conti in sospeso. L'esploratore di luoghi comuni. Purtroppo non ne ha il tempo. Deve spazzolare.


Bene, è giunto il tempo di accomiatarmi. Avrei voluto parlarvi di un altro caso sociologico, quello che, quando ha finito di lavarsi le mani, rimane regolarmente senza carta assorbente con cui asciugarsele. Esaurita. Sempre. Be', ho trovato un sistema efficace: i pantaloni. Quelli degli altri. Buona settimana!!!

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