lunedì 19 dicembre 2011

Volere è potere, volare è potare: Alitaglia


La voce diffusa dagli altoparlanti mi risveglia dallo stato di torpore in cui stavo lentamente sprofondando.

“I passeggeri del volo Alitalia AZ7909 delle 17 e 40 diretto a Milano sono pregati di recarsi al gate 2”

Non volo con Alitalia almeno da 15 anni. Con leggera apprensione mi dirigo verso il gate. Speriamo bene. Ho una cena che mi attende. Giunto a destinazione, mi ritrovo mio malgrado immerso in un angolo di Italia: bambini che urlano, persone che parlano al telefono con un tono di voce capace di rompere il muro del suono, uomini d’affari che si riempiono la bocca di battute da bar sport, gente accampata ovunque. Qualche coraggioso si è già messo in fila, convinto in questo modo di poter essere imbarcato per primo: o non ha mai preso un aereo, oppure non è familiare con gli usi e i costumi del nostro Bel Paese. Difatti non bisogna aspettare troppo perché si formi una seconda fila, uguale e opposta all’altra. Io me ne sto seduto e osservo incuriosito. Alle cinque e mezza, quando ormai il vociare si è fatto insopportabile, viene annunciato un ritardo di venti minuti sull’imbarco a causa del ritardo dell’aereo proveniente da Milano. L’inizio non è dei più promettenti. Quando poi, finalmente, iniziano a imbarcare, le due file opposte convergono verso un unico punto, creando un ammasso indefinito di persone che si accalcano le une sopra le altre. Ripenso all’ordine e all’efficienza della Swiss mentre il tizio di fianco a me parcheggia l’ascella natalizia proprio sotto al mio naso. Poi, accade qualcosa che provoca quasi un ammutinamento generale: l’hostess annuncia che prima imbarcheranno la classe business, poi tutti coloro che hanno un posto dalla fila 16 alla 30. Ma sono pazzi?! Stanno cercando di adeguarsi a standard di eccellenza europei?! Il brusio di disapprovazione mi convince che la fuga dei cervelli deve essere una malattia nazionale. Terminata la salita a bordo, gli stewart fanno una scoperta eccezionale: diversi passeggeri trovano lo spazio apposito per il bagaglio a mano sopra i loro posti già pieno. Davvero strano per un volo così poco frequentato come il Londra - Milano. Di solito, per voli di questo tipo, i viaggiatori vengono informati della possibilità che il bagaglio a mano venga imbarcato. Non in Alitalia. La creatività italiana suggerisce infatti agli stewart di infilare i trolley dovunque ci siano ancora spazi disponibili. Anche venti file avanti. Dei campioni di Tetris in divisa. Poi, la goccia che fa traboccare il vaso. È il capitano, mio capitano, al microfono:

“A causa del ritardo accumulato in precedenza, dovremo attendere 45 minuti prima del decollo. Ci scusiamo per il disagio”

La notizia solleva un boato di bestemmie tale da dover richiedere l’intervento di un prete per benedire l’aereo. L’antifona, comunque, l’ho capita. Niente fiorentina. Mi assopisco. Al mio risveglio, stiamo sorvolando la Manica. Miracolo. Tiro fuori l’iPod ma, prima di infilarmi le cuffie nelle orecchie, ho l’occasione di ascoltare per caso uno stralcio di conversazione tra due persone sedute davanti a me. Due perfetti sconosciuti che sconfiggono noia e frustrazione scambiando chiacchiere di circostanza.

“E poi sa, questo ultimo anno è stato particolarmente duro per me. Prima è morta mia madre. Poi mio fratello si è suicidato. Mi sono separato da mia moglie. Ora la mia nuova compagna è in ospedale”. E poi, inutile nasconderlo, indossa un paio di orribili calzini bianchi. Quando uno è maestro nell’arte della conversazione. Alle nove e quaranta, dopo aver ballato salsa e merengue a suon di perturbazioni, atterriamo. La ragazza di fianco a me cerca, inutilmente, il suo bagaglio. Si rivolge agli stewart..

“Scusate, dove avete messo il mio bagaglio?”

“Più avanti”
”Sì, ma dove?”

I due si guardano, perplessi. Poveracci, li capisco: non possono nemmeno chiedere l’aiuto del pubblico.

Ultimo ostacolo da superare: il ritiro della valigia. 25 minuti a osservare il nastro trasportare che gira, gira, gira, con sopra i bagagli del volo arrivato da Amsterdam venti minuti dopo il nostro. Misteri su cui è meglio non indagare. Alle undici sono a casa. Due ore dopo mi faccio coccolare da una bottiglia di vodka. Con quella, almeno, la serata decolla puntuale di sicuro. W l’Italia e buone feste a tutti!!!


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