
“Non potresti soffiarti il naso, per piacere?”, domando: Bach non si merita tutto questo rumore di sottofondo.
“Sono intasato”, risponde offeso, poi ricomincia ancora più forte, tant’è che ho paura che, di questo passo, finisca con aspirare il tappeto su cui poggia la mia sedia.
Perché mio padre è così: grande cervello, ma guai a prendersi un raffreddore. Non ho mai visto soffrire così neanche un malato terminale.
“Dopo cena prenderò un’aspirina e credo che poi andrò a dormire”
Aspetto la mia replica. Dovrei sostenerlo, in questo momento difficile. Portargli conforto. Avere il naso che cola è una tragedia: adesso ci sei, domani chissà.
“Papà, è solo un raffreddore!”
Mi guarda come un prigioniero può guardare il proprio aguzzino. Se i suoi occhi in questo momento potessero parlare, mi direbbero: “Solo un raffreddore?! Solo un raffreddore?! Tu non capisci niente!!!”. Ma i suoi occhi non parlano. Il suo naso, invece, emette dei gran suoni. Sento i suoi germi che mi prendono a schiaffi. Sento il suo naso che tira su, e su, e ancora più su. O che palle!!!
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